Crisi di coppia: dall’illusione alla delusione

Crisi di coppia: dall’illusione alla delusione

La vita di coppia può essere descritta tenendo conto di diverse prospettive, sicuramente tutti sono d’accordo nell’ individuare una fase iniziale caratterizzata dall’ illusione e una fase successiva caratterizzata dalla delusione e dai possibili percorsi evolutivi di quest’ultima.

Di fronte alla delusione potranno svilupparsi percorsi diversi in funzione della possibilità o impossibilità della coppia di affrontare la “crisi”.

Parlando di coppia non si può non descrivere l’uno o l’altro dei seguenti percorsi

  1. Caratterizzato dall’elusione della crisi che può essere descritta come l’insieme delle modalità messe in atto dai partner per evitare di riconoscere vissuti legati alla delusione;
  2. Caratterizzato dall’ingresso della coppia nel circuito della delusione, passaggio connesso al riconoscimento della delusione, che induce una crisi dominata dal tentativo di ripristinare gli elementi illusori originari. L’insuccesso di questo tentativo alimenta la delusione e ne stabilizza il circuito;
  3. Caratterizzato dal prodursi della disillusione. Al riconoscimento della delusione e alla crisi segue un progressivo processo evolutivo di accettazione della realtà propria e dell’altro.

Il dato che accomuna tutte le coppie è comunque la presenza, in misura diversa delle “illusioni”, come elementi caratterizzanti la prima fase del rapporto interpersonale.

La fase “ un cuore un’anima” è un ingrediente necessario, come diceva Jung (1925), nel processo di innamoramento e coincide con sensazioni di grande benessere. Giunta alla sua naturale evoluzione trasformativa deve risolversi, attraverso un processo “depressivo” di presa di contatto con la realtà (fase depressiva della disillusione), nel recupero di un’identità, nel prodursi di uno stato di separazione e individuazione, di appartenenza ad un mondo interno strutturato,pur nel contatto affettivo-emotivo con l’altro.

Come già detto la vita di coppia passa attraverso più fasi.

La fase iniziale, caratterizzata dall’illusione, è quella dell’innamoramento e del primo periodo della relazione, coinvolgente e sognante, è percepito dai partner come promessa di amore futuro  e idillio. È la fase dell’illusione per eccellenza: ognuno propone un’immagine ideale di sé, che attrarrà il partner, e l’altro proietterà sul compagno il partner ideale che desidera e sogna da sempre. È un periodo di accordo in cui non si hanno richieste di cambiamento verso l’altro.

Alcune aspettative illusorie che si ripropongono nell’altro sono:

  • Nella donna: “ lui mi salverà”, “ mi renderà felice”;
  • Nell’uomo: “lei apprezza il mio valore” ,“mi accetta così come sono” ,“ non vuole cambiarmi” .

L a fase successiva, naturale evoluzione, è la fase della delusione da cui si determina il futuro della coppia. È la fase della differenziazione, emergono chiaramente somiglianze  e differenze, punti di contatto e di divergenza, qualità e difetti. In questa fase si ha meno voglia di stare insieme. È un momento critico per la coppia, poiché si verifica la “delusione” delle aspettative, richiede presa di coscienza e rinegoziazione, in assenza della quale la delusione potrà assumere caratteristiche e sviluppi diversi. Se tutto andrà bene, la coppia supererà questo momento e ne uscirà rafforzata, altrimenti si potrà verificare un fissazione nella delusione, che impedirà l’evoluzione costruttiva della coppia e che metterà in luce nel futuro i limiti e le difficoltà del rapporto.

Ciascuna coppia ha più o meno risorse per superare questo momento critico: per alcune la crisi sarà l’occasione per dar vita ad una nuova relazione, passando dalla delusione alla “disillusione” in cui ciascun partner accetterà la realtà propria e del compagno, si accetterà anche ciò che non si condivide, accettandone le differenze e i difetti.

Per altre coppie la crisi è destinata a irrigidirsi e cristallizzarsi nella delusione, senza possibilità di evoluzione e di uscita, questo potrà provocare un vero e proprio “circolo della delusione” in cui i partner cercano costantemente di ripristinare l’illusione iniziale, il cui fallimento alimenterà la delusione. Ci si crogiola nell’incapacità di accettare l’altro per ciò che è nella costante delusione  e rancore per il tradimento delle aspettative irrealistiche riposte.

Se si vive una crisi o un conflitto di coppia, sarebbe importante cercare una comunicazione basata su una reale disponibilità all’ascolto e sul desiderio di capire e trovare un terreno comune e condiviso, comprendendo insieme che non è l’altro che ci ha necessariamente deluso, ma che forse abbiamo proiettato su di lui fantasie e aspettative eccessive e irrealistiche. La comprensione di questo meccanismo ci permette di vedere e accettare il partner nella sua totalità e realtà, portatore di caratteristiche più o meno piacevoli.

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Violenza: vittime e autori uniti dal dolore

Violenza: vittime e autori uniti dal dolore

Violenza e dipendenza affettiva sono facce della stessa medaglia

Quando si parla di violenza, sia psicologica che non è necessario avere una visione d’insieme del caso e considerare sia il lato della vittima che dell’autore, in quanto ciò che lega i due è il dolore e quindi è opportuno poter concedere ad entrambe le parti lo stesso supporto.È opportuno accompagnare le vittime e gli autori coinvolte in atti persecutori e nelle dinamiche della violenza nel difficile percorso della separazione e del distacco affettivo. La psicologia del distacco valuta la riuscita o mancata elaborazione di un lutto, abbandono, separazione e rifiuto. Risultati di alcune ricerche dimostrano che le dinamiche conseguenti ad una non elaborazione di una separazione, abbandono o rifiuto rappresentano il principale movente degli agiti violenti, omicidi, stragi e suicidi. Infatti, non è un caso, ritrovare tra i vari autori o vittime di episodi violenti, figli adottivi o affidati, i quali hanno vissuto il trauma dell’abbandono, spesso addirittura anche un doppio abbandono, dovuto a famiglie che rimandano indietro i bambini.  Quando ci si occupa di violenza, in tutte le sue forme, è utile offrire un contenimento, aiutare a prendere coscienza del disagio, facilitare la condivisione,  rompere l’isolamento, incoraggiare il confronto, migliorare l’autostima e la comunicazione, migliorare le competenze interpersonali. La conoscenza della persona si concretizza sinteticamente attraverso la sua biografia, attraverso l’analisi delle relazioni interpersonali e prestando attenzione alla modulazione delle emozioni, espresse e manifestate durante i colloqui. Il vissuto che caratterizza le persone oggetto di persecuzioni e di violenza è di grande confusione; questo stato d’animo è spesso generato dalla paura per la propria incolumità e dalla perdita del controllo della propria esistenza. Nei colloqui è fondamentale strutturare un clima relazionale facilitante la comunicazione, la persona in questo modo percepisce di essere compresa e di potersi esprimere liberamente. Le persone che agiscono e che subiscono sentono molto forte il giudizio ed il pregiudizio, è dunque importante mantenere un’ assenza totale di valutazioni e preconcetti, è utile considerare gli autori come persone che hanno bisogno di una relazione di aiuto in cui possano emergere le manifestazioni “oscure” dei loro comportamenti. Si lavora sul contenimento dell’ansia, si raccolgono le preoccupazioni e si rappresenta l’iter che dovrà seguire così da preparare la persona ad affrontare le inevitabili circostanze stressanti che seguiranno. Sembra utile cambiare il concetto di giustizia che diventa un protocollo preventivo-riparativo, orientato a permettere alle parti la rielaborazione degli aspetti affettivo-relazionali del conflitto, si distingue da altri in quanto “si prende cura” (non cura) delle persone che subiscono ed agiscono violenza. Si parla dunque di giustizia riparativa e non meramente punitiva. Il modello si pone a favore delle vittime per offrire una riparazione concreta del danno derivante da un reato e tenta di promuovere una risocializzazione del reo per evitare la commissione di un nuovo reato. L’obiettivo di questo approccio è la ricomposizione della frattura nella comunicazione                                  interpersonale tra le parti provocata dalla commissione del reato o dalle sue conseguenze. Si è evidenziato una correlazione tra la frustrazione e le condotte violente, persecutorie, stalking: Rifiuto/separazione/abbandono = Frustrazione = Violenza/stalking. Un’altra correlazione importante è quella relativa alla restrizione carceraria dove il tasso di frustrazione è elevatissimo: Carcere = Frustrazione = Alto tasso di recidiva. Prevenire le ricadute e le recidive è possibile proprio lavorando sulla frustrazione attraverso l’ascolto e l’empatia. Accogliere i bisogni frustrati è come dare un risarcimento alla delusione e fallimento, soprattutto crea la speranza che al di là delle sbarre, espiate le proprie pene, ci sia una seconda possibilità. La dipendenza affettiva essenzialmente caratterizza le persone vittime e autori di violenza psicologica e non. La dipendenza affettiva è una condizione relazionale negativa, chi ne soffre è ossessionato da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. Molto spesso le coppie di autori e vittime di violenza psicologica vivono la loro storia restando fermi nella fase della simbiosi, per loro anche quattro mesi sono vissuti come quattro anni. Esserne consapevoli è un primo passo verso il cambiamento. La dipendenza affettiva e la manipolazione psicologica sono due facce della stessa medaglia, è importante essere esperti di queste dinamiche e lavorarci sia individualmente che in coppia (laddove sia possibile) per liberarsi dalla paura dell’abbandono e dalle catene dei sensi di colpa. E’ necessario comprendere come la richiesta di aiuto non rappresenti un segnale di incapacità o debolezza, bensì un’opportunità di confrontarsi con esperti in grado di indirizzare, di valorizzare le risorse individuali e di rendere la persona in grado di individuare strategie funzionali a breve, medio e lungo termine.

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Il corpo parla e dice: ti seduco così

Il corpo parla e dice: ti seduco così

Il corpo che parla

“L’ immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e rispetto alle singole parti del nostro corpo” Slade,1988
Secondo l’autore, l’immagine corporea è costituita da diverse componenti: percettiva (ad esempio, come la persona visualizza la taglia e la forma del proprio corpo); attitudinale (quello che la persona pensa e conosce del proprio corpo); affettiva (i sentimenti che la persona nutre verso il proprio corpo); comportamentale (riguardante ad esempio, l’alimentazione e l’attività fisica). Quindi l’immagine corporea riguarda la persona nella sua globalità, e i suoi effetti possono essere rilevanti e complessi.
Schilder (1995) definisce l’immagine corporea come l’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella mente. Rappresenta il modo in cui il corpo viene vissuto, com’è sentito e come si modifica mentalmente.
Il modo in cui il corpo viene soggettivamente rappresentato dirige il progetto di vita, influenza le relazioni, il tipo di difficoltà fisiche e psicologiche verso cui tende maggiormente.
Il livello di soddisfazione o insoddisfazione corporea viene determinato da diversi fattori emozionali: ansia e depressione, senso di benessere, autostima ecc.
Ruggieri (2001) definisce l’immagine corporea come il risultato dell’integrazione di più componenti, sia psicologiche che corporee: il rispecchiamento proveniente dal gruppo familiare, le sensazioni propriocettive, le informazioni provenienti dall’attuazione di pattern emotivo-istintivi integrati e i modelli di interazione interpersonale, concorrono tutti alla costruzione dell’immagine corporea. Questa a sua volta influenzerà in maniera significativa i corpo reale
L’immagine corporea è un modellatore attivo del comportamento ed è un processo nucleare che sta alla base della costruzione dell’identità.
Il corpo e soprattutto l’immagine che abbiamo di lui determina il nostro modo di utilizzarlo come strumento di seduzione, infatti la seduzione utilizza il canale verbale e non verbale attraverso il “ linguaggio del corpo” e cioè postura, mimica, gesti, tipo di abbigliamento, trucco, sguardo, profumi, reazioni fisiologiche più elementari spesso incontrollate (arrossire) è possibile “parlare” all’altro in termini più o meno seduttivi.
Diodato (2003) individua nel comportamento del corpo, segnali che funzionano da «Go o Stop» all’approccio. Ad esempio atteggiamenti che funzionano da GO
• Al primo incontro guardare negli occhi
• Occhiata falsamente casuale al corpo
• Aggiustarsi l’abito, ravvivarsi i capelli
• Raddrizzare il portamento
• Sorridere spesso, annuire piegando il capo sulla spalla
• Tenere le braccia ben discoste sul corpo e mani aperte
• Giocherellare con un oggetto
Atteggiamenti che funzionano da STOP
• Ginocchia incrociate, gambe strette
• Braccia incrociate sul petto
• Mani unite in grembo o che stringono uno il polso dell’altra
• Coprirsi il volto con le mani
• Tenere un bicchiere in mano fra sé e l’altra persona
• Mordicchiarsi le labbra o muovere nervosamente un piede
• Evitare ogni contatto fisico
Importante differenziazione da fare è distinguere i comportamenti seduttivi femminili da quelli maschili. La donna:
• In piedi: raddrizza la schiena, la inarca leggermente mette in evidenza il petto;
• Da seduta: schiena dritta, seno in evidenza. Alcune donne amano accavallare le gambe da una parte e poi dall’altra;
• Il sorriso può essere appena accennato e misterioso, oppure timido o aperto e gioioso. Alcune donne passano la lingua sulle labbra o le mordono appena con un movimento sensuale. Gli occhi sono vivi, lucenti e lo sguardo si fissa in quello di lui indugiando una frazione di secondo. Tocca i capelli con sensualità, li accarezza, li sistema. Le mani permettono gli «autoincontri», che sono come suggerimenti al potenziale partner di essere lui ad accarezzare.
L’uomo:
• In piedi infila i pollici nella cintura o nelle tasche dei pantaloni (puntare l’attenzione sui genitali), raddrizza la schiena e mette in mostra i pettorali;
• Seduto: spalle aperte, braccia appoggiate. Le gambe sono allargate con naturalezza oppure una caviglia è appoggiata sul ginocchio dell’altra gamba. Alcuni socchiudono gli occhi utilizzando uno sguardo predatore, altri utilizzano occhiate lunghe e penetranti;
• Il movimento è sicuro, elastico. Lui tenta di avvicinarsi, riduce la distanza, si protende verso di lei, a volte può sfiorarla come per caso. I muscoli se tonici, li mette in mostra appena l’occasione lo consente.

Leggi anche:http://www.stefaniadeblasio.it/la-potenza-della-seduzione/

Dott. De Blasio Stefania

La potenza della seduzione

La potenza della seduzione

Già l’etimologia del termine ci lascia immaginare la potenza che la parola seduzione porta con sé. Deriva dal latino sed-ducere: essere condotti fuori strada o dal verbo se-ducere portare a sé.
Ciò che ci incanta nell’altro è la sua abilità di disorientarci, di distoglierci dal nostro presente.
Gli elementi essenziali che caratterizzano la seduzione sono:
• Fascino: esso è un modo di essere, la seduzione è un’attività. Il fascino è una forza che attira l’altro a sé, non si comunica solo la bellezza ma anche pathos.
• Carisma: dote che unisce la seduzione alla persuasione; il carismatico coinvolge l’altro toccando le corde della loro emotività.
• Persuasione: ossia convincere qualcuno di qualcosa. consigliare ed indica quel processo attraverso il quale si induce l’altro a modificare gli atteggiamenti.
Si tratta di un atto che comporta sempre una libera scelta. La potenza persuasiva è legata a
• semplicità
• riuscire ad evocare immagini
• portare con sé una carica emozionale
La persuasione, durante una conversazione, può essere messa in atto utilizzando termini come “importante” o “essenziale”che servono a dare maggiore enfasi, è bene utilizzare frasi brevi, variare la velocità dell’eloquio, monitorare il volume, limitare al massimo gli intercalari, ripetere un messaggio può servire a renderlo più convincente, prestare attenzione all’apertura e alla chiusura. Tutte le parole riescono ad evocare immagini e anche emozioni. La metafora è una figura retorica che può aiutarci nel rendere i messaggi emotivi e piacevoli. Anche l’uso di analogie e storie hanno lo stesso fine.
La seduzione traspare da
• l’abbigliamento: cravatta, cappello, cappotto, pantaloni, mantello (simboli fallici); scarpe, cintura, giarrettiera, gioelli (simboleggiano la vagina). Utilizzare il rosso è consigliabile: è associato al colore primario del sesso.
• L’odore: l’effetto afrodisiaco è dato dai feromoni
La voce: testimonia il nostro stato d’animo diventando essa stessa emozione. Diviene acuta ed aspra se siamo arrabbiati, profonda e morbida quando siamo innamorati, trema per un’emozione improvvisa. Per far colpo, l’eloquio deve essere fluido, timbro brillante, evitare gli acuti che possono provocare ansia. Per avvicinare l’altro sono indicate le tonalità basse e calde e a volte sussurrate. Se vogliamo rassicurare usare una voce profonda giocata sullo stesso tono.
Esistono due tipi di seduttore:
• Il Don Giovanni: si tratta di una seduzione strumentale: manipolazione dell’altro, che diventa uno specchio; non è orientato alla costanza dell’oggetto d’amore, ma al controllo e al dominio. È un uomo che non si innamora mai, seduce le donne e poi le abbandona.
• Il Casanova: si tratta di una seduzione finalistica: riconosce l’altro e seduce perché è alla ricerca di una vera relazione oggettuale. È un esteta della seduzione. Ogni incontro è vissuto intensamente. È un seduttore interessato all’altro, si innamora delle donne tuttavia non si lega.
E voi che tipi di seduttori siete? Seguite le 10 regole del buon seduttore e soprattutto…….divertitevi!
• Mantenere un desiderio di riuscita
• Distinguersi con creatività dalla folla
• Umorismo
• Osare nuove mosse
• Usare gli alleati della seduzione (abbigliamento, odore, vista)
• Mantenere atteggiamento di fiducia
• Essere sicuri di sé stessi
• Assecondare i tempi della seduzione
• Mangiare è sedurre.
• La seduzione non ha età- è presente in ogni fase dell’esistenza

coppia e conflitti: come imparare a gestirli

coppia e conflitti: come imparare a gestirli

Conflitti di coppia: riconoscerli e gestirli

Quando parliamo di coppia, già solo per il fatto che si parla di due individui, non possiamo non parlare di confronto, discussioni e litigi. Spesso tutto ciò è salutare e costruttivo, in alcune circostanze, quando le nostre emozioni e la nostra rabbia prendono il sopravvento, ci troviamo ad affrontare una vera e propria battaglia di coppia, nella quale non ci si ascolta, ci si accusa, si recrimina e non si trovano soluzioni. Quando discutiamo in preda alla rabbia, le nostre emozioni ci portano a mettere in atto dei meccanismi che causano un blocco della comunicazione e si finisce con il litigare, ritirarsi o evitare il conflitto, biasimare o accusare, non ascoltare l’altro o cambiare discorso di accusa (ad esempio far riferimento a problemi passati o ad altri problemi irrisolti).

Bisogna tener presente che quando si discute, stiamo cercando di esprimere all’altro dei nostri bisogni, delle nostre paure e dei nostri dispiaceri. La rabbia infatti è un insieme di dolore e delusione.

Meccanismi che ostacolano la comunicazione

All’interno di una discussione di coppia è frequente l’utilizzo del messaggio TU (“sei tu che ti comporti male!”, “sei tu che torni a casa tardi!” “tu non mi capisci”). Tale messaggio è un messaggio colpevolizzante ed accusatorio che porterà il nostro interlocutore a chiudersi e a mettersi sulla difensiva. Penserà quindi a difendersi prima che a capire e ad ascoltare. Inoltre il sentirsi accusato susciterà sentimenti di rabbia e cercherà argomenti per attaccare l’altro.

Utilizzo di “mai” e “sempre”. Questi sono termini assolutistici. Quando ci sentiamo dire che non facciamo “mai” una determinata cosa o che ci comportiamo ” sempre cosi” ci sentiamo svalutati e accusati in toto e la nostra reazione è sempre quella di difenderci e provare rabbia.

Risolvere problemi quando si è in preda all’emozioni è quindi molto difficile in quanto o ci ritiriamo ed evitiamo il conflitto aumentando frustrazione e rabbia, o ci mettiamo sulla difensiva. In entrambi in casi la comunicazione viene bloccata, con il risultato che non ci si ascolta.

Cosa fare allora per gestire in un modo costruttivo un conflitto

E’ importante, innanzitutto calmarsi prima, non affrontare direttamente l’argomento quando ci sentiamo troppo arrabbiati.

Stabilire da subito delle regole come ad esempio il parlare a turni, esplicitando questa necessità con frasi come “Facciamo a turno, prima parli tu (o viceversa) e io ti ascolto e cerco di comprenderti e poi parlo io per come ho vissuto le cose io, senza interromperci altrimenti non riusciamo a capirci”.

Quindi:

  • fermarsi e calmarsi
  • stabilire regole e luogo neutro dove parlare
  • non interrompersi
  • dimostrare di capire l’altro

Evitiamo di usare il messaggio TU e cerchiamo di utilizzare il Messaggio IO. In questo modo metteremo in primo piano quelle che sono le nostre emozioni, come noi abbiamo interpetato la situazione cosa noi abbiamo provato a seguito di un determinato comportamento. Questo permetterà al partner di non sentirsi accusato ma di mettersi nei panni di quello che stiamo provando noi.

Quindi:

  • Come ci sentiamo, nostri sentimenti (io mi sento..)
  • Comportamento del partner o situazione (quando tu… o quando succede…)
  • Si specifica in che modo tale comportamento ci suscita quell’ emozione (perchè…)
  • Si esprime ciò che si desidererebbe, il nostro bisogno. (io vorrei..)

Con la frase “Io mi sento triste – Quando non mi ascolti – Perché mi sento ignorato e non capito – E vorrei che tu mi considerassi di più” si otterranno sicuramente più risultati che non utilizzando la tecnica messaggi tu “E’ colpa tua – Quando tu non mi ascolti – Perché mi ignori – Tu sei un egoista”. Nell’ultimo caso l’interlocutore si offenderà, o si arrabbierà e probabilmente attiverà un atteggiamento di difesa che interferirà con la comunicazione.

Dimostrare di ascoltare l’altro e cercate di capire quello che vi sta dicendo. Riassumete o parafrasate quello che ha detto e verificate se avete capito (“quindi stai dicendo che quando succede questa cosa tu ti senti triste, intendi questo? “).

In questo modo dimostriamo all’altra persona che la stiamo realmente ascoltando e che stiamo cercando di capirla.

Infine è importante concentrarsi sul problema attuale e non tirare fuori altri problemi non inerenti a quello presente. E’ necessario, quindi “rimanere in tema” per riuscire davvero a risolvere la questione.

Bisogna, quindi:

  • focalizzarsi su un problema,
  • concordare su cosa parlare
  • eprimere i propri bisogni e sentimenti
  • cercare insieme varie soluzioni possibili (anche scrivendole e facendo una lista)
  • non fare promesse ma programmarsi piccoli obiettivi da raggiungere e verificare poi se sono stato raggiunti.

Comunicare all’interno della coppia in situazioni di stress può non essere facile se non ci sentiamo capiti, non ci sentiamo ascoltati, ci sentiamo accusati.

Modificando il modo in cui comunichiamo e cosa comunichiamo ci dimostriamo più aperti all’altro e sentiremo l’altro piu vicino a noi.

Sarà quindi possibile capirsi, ascoltarsi e non accusarsi.

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Dott. De Blasio Stefania

 

Innamoramento e disamore

Innamoramento e disamore

Cosa succede quando ci innamoriamo…..

A tutti è capitato, almeno una volta nella vita di attraversare la fase dell’ innamoramento, pochi sanno però cosa realmente accade quando proviamo questo sentimento.Un risposta viene dalle ricerche sulla psicologia di coppia, la quale spiega l’evolversi della coppia in base a fasi.

Non tutti possono passare queste fasi e sopratutto ogni coppia può passarle con tempistiche diverse.

Bander e Pearson, due autori americani, hanno formulato un modello a 5 stadi prendendo spunto dal modello di Margaret Mahler sullo sviluppo affettivo del bambino in relazione a chi si prende cura di lui. Tale sviluppo parte da un iniziale tipo di rapporto simbiotico con la madre (primi mesi di vita) e passa lentamente a differenziarsi da lei fino ad arrivare ad una individuazione.

Cosi come nel bambino, anche nella coppia (quante volte abbiamo sentito dire che i rapporti attuali sono influenzati dal modo in cui siamo stati cresciuti dai nostri genitori?) si procede per fasi o stadi.

In particolare nell’evoluzione della coppia si passerebbero 5 stadi:

  • INNAMORAMENTO o SIMBIOSI

Questa fase viene definita la fase dell’innamoramento. In questa fase si idealizza il partner e si perdono i confini rispetto a lui/lei: le due persone sono inseparabili e spesso si distaccano dalle rispettive famiglie e dalle amicizie, passano insieme molto tempo e tendono a considerare molto le somiglianze reciproche, trascurando le differenze. Lo scopo di questa fase è stabilire il legame o attaccamento. Approssimativamente  la fase dell’innamoramento dura 6-9 mesi; oltre questo periodo la fusione diventa sintomo di dipendenza e angoscia d’abbandono e può condurre alla strutturazione di coppie simbiotiche disfunzionali (tipo invischiato o dipendente-ostile).

  • DIFFERENZIAZIONE:

La differenziazione è conseguenza alla delusione che l’altro non è la figura idealizzata creata nella fase di innamoramento. Questa fase è anche detta del «risveglio», e suscita sentimenti contraddittori: da una parte è deludente constatare le differenze, le divergenze; dall’altra può diventare gratificante e stimolante scoprire l’altra persona nella sua unicità. In pratica una coppia evolve dallo stato simbiotico a quello della differenziazione quando comincia a pensare in maniera indipendente e vi è uno spostamento verso l’introspezione. Le difficoltà diventano più intense quando uno dei due non è pronto, e mette in atto tutti i tentativi per mantenere lo status quo della simbiosi. In questo caso il cambiamento viene visto come un segnale di deterioramento patologico del rapporto, anziché come un naturale processo evolutivo.  Emergono quindi, le differenze tra i partners e i primi conflitti. I partners hanno bisogno di conoscersi realisticamente (esame di realtà), accettare le inevitabili differenze e valutare le possibilità/disponibilità a venirsi incontro e crescere insieme. Va individuata la permanenza di alcuni processi simbiotici: per es. le manipolazioni finalizzate a cambiare l’altro, i tentativi di nascondere/evitare il conflitto impedendo la differenziazione. I sentimenti personali di delusione, perdita e tradimento devono essere affrontati insieme e risolti affinché la coppia consolidi un attaccamento sicuro. Lo scopo di questa fase è la capacità di esprimere e accettare le singole individualità e le reciproche differenze gestendole in modo costruttivo e soddisfacente per entrambi (capacità di problem-solving). La ridefinizione dei propri confini viene espresso attraverso attività e spazi separati. L’accettazione e l’espressione delle singole individualità conduce ad un senso profondo di cooperazione e intimità.

  • SPERIMENTAZIONE

I partner sentono fortemente il bisogno di individuarsi e riconoscersi come diversi, sperimentandosi all’esterno, per cui l’altro può essere percepito come limitante l’autonomia. In questa fase, i partner hanno il compito di consolidare il potere e l’autostima personale, riscoprendosi come individui. Sviluppare il sé sociale diventa prioritario rispetto alla relazione. Questa fase è fortemente influenzata dalle esperienze precedenti: da come l’individuo singolo ha sentito riconosciuti i suoi bisogni di esplorazione nella sua infanzia e da quanto la coppia è riuscita a definire un attaccamento sicuro nelle fasi precedenti. In ogni caso è una fase difficile: la fusione viene percepita come minaccia all’individuazione e all’autorealizzazione; la relazione tra i partners diviene secondaria; ci si difende dalla troppa intimità; la soddisfazione più eccitante proviene dall’esterno. Gli individui che non hanno attraversato una sana simbiosi e una buona differenziazione temono che la relazione minacci la loro fragile autonomia/individuazione oppure, al contrario, percepiscono l’autonomia dell’altro come un segnale di abbandono (coppia ostile–dipendente). Gli individui che hanno invece raggiunto una sana autonomia riescono ad apprezzare quella dell’altro e procedono gradualmente verso il riavvicinamento della fase successiva senza timori di perdere l’indipendenza raggiunta.

  • RIAVVICINAMENTO

Le coppie che hanno attraversato in modo positivo le precedenti fasi riscoprono la voglia di impegnarsi costantemente con l’altro e di lasciarsi andare alla vulnerabilità e all’intimità. Alcune tensioni sono causate dall’ancora persistente oscillazione tra periodi di crescente intimità e sforzi di ristabilire l’indipendenza. Gli obiettivi di questa fase sono: la capacità di impegnarsi/coinvolgersi con l’altro (anche in situazioni di disaccordo) e di esprimere se stessi e la propria individualità senza paura di rendersi vulnerabili, di perdere autostima/autonomia, di allontanare il partner. Raramente queste coppie vengono in terapia se non per eventi stressanti esterni alla relazione (lavoro, trasferimento, malattia). Possibili conflitti nascono se uno dei due partner è ancora nella fase di sperimentazione.

  • INTERDIPENDENZA

Si raggiunge la piena intesa: si è superato il difficile processo di conoscere sé e l’altro, integrare le diverse individualità, sviluppare strategie per corrispondere con rispetto e sensibilità ai bisogni di entrambi, condividere progetti e prospettive. I partners hanno consolidato reciprocamente la percezione della costanza dell’oggetto amato. Questa è la fase dell’amore maturo. Amare l’ altro per quello che egli è realmente e con i suoi difetti. È la fase in cui si scopre che il difetto dell’altro fa sorridere, è la fase in cui se i due discutono lo fanno sui contenuti e non sulla persona

Come abbiamo visto alla fase dell’innamoramento e dell’idealizzazione ne seguono diverse altre, ognuna delle quali pone nuove sfide e nuovi compiti da affrontare nella coppia. Il modo di affrontarle deriverà dal carattere dei partner, dalle loro esperienze passate, dal loro stile di attaccamento. Se la coppia sarà in grado di superare le diverse fasi si arriveà alla fase dell interdipendenza in cui si ama l’altro e se stessi senza timore. Qualora vi sia un ostacolo, invece, nelle fasi della differenziazione o della sperimentazione è probabile che la coppia vada incontro ad una crisi, ad un conflitto o ad una separazione.

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Dott. De Blasio Stefania