Sano egoismo: quando è la coppia a beneficiarne

Sano egoismo: quando è la coppia a beneficiarne

Quando si parla di coppia nella nostra mente riecheggiano parole come vincolo, legame, dovere, compromesso, quando invece il sentimento dominante dovrebbe essere il senso di libertà individuale. Sembra un paradosso, eppure è stato ampiamente dimostrato che chi nutre una sana autostima e quindi  un sano egoismo vive con più serenità anche il rapporto con gli altri; mentre le persone che mettono in secondo piano le proprie esigenze, le proprie inclinazioni e i propri bisogni, che non riescono ad amarsi in modo completo hanno più difficoltà ad aprirsi in maniera autentica agli altri e ad  instaurare rapporti costruttivi con loro.

Stare in coppia non significa perdere il senso di sé, mettere da parte la propria personalità: significa rimanere se stessi, sapersi tuttavia mettere nei panni dell’altro, tenendo bene a mente che la propria libertà influenza anche quella del partner e dei figli. Chi rinuncia alla propria natura, al proprio lavoro, alle proprie amicizie, ai propri interessi “ per amore”, in realtà non compie che un suicidio: invischiarsi nell’ altro porta ad un progressivo distanziamento, e dopo anni ci si accorge che la coppia ha cancellato l’individuo, e il partner finisce con l’essere l’unica ancora di salvezza. Non ci può essere sintonia con l’altro se non ci si sente in pace con se stessi, se attraverso un sano egoismo non si è riusciti a mantenere saldi dei confini rispetto ai propri bisogni. Un sano e ben calibrato egoismo non può che far bene alla coppia e non ha nulla a che vedere con l’incapacità di prendersi cura dei bisogni altrui o con la mancanza di interesse.

Se ci si ama, si ama ciò che quotidianamente si fa, in questo modo si costruisce una relazione  sancita da un legame profondo e valori condivisi in grado di resistere alla lontananza e alle spinte dell’Io. Spesso l’eccesso d’altruismo nasconde il desiderio di controllo, un egocentrismo che si nutre di risentimento e aggressività repressa, a differenza di un sano egoismo che invece è sinonimo di sicurezza che ci permette di essere centrati su di noi e di conseguenza sull’altro.

È importante cambiare la prospettiva da cui guardare la coppia che non deve essere vista come il punto di partenza, ma come il punto di arrivo, dove due persone si incontrano e si arricchiscono condividendo il proprio essere; su questo terreno così fertile, grazie al tempo e all’impegno è possibile costruire una famiglia. Chi rinuncia ad una parte di sé pensando di trovarla nella coppia spesso trova solo frustrazione. La costruzione del senso del Noi parte dal sentimento della propria individuazione e realizzazione, purtroppo non è possibile prescindere da questo.

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Donne e potere: quale nesso

Donne e potere: quale nesso

Le donne hanno un vantaggio di genere nella leadership e nella gestione del potere

Le donne leader che esercitano il potere contribuiscono in maniera importante nei seguenti aspetti: comunicazione e cooperazione, affiliazione e attaccamento, potere, intimità e nutrimento. Grant (1988) individua alcune aree comportamentali riconducibili a fattori biologici, che possono essere ascritti come tipicamente femminili e favorenti il processo organizzativo. Queste aree, di cui alcune sono già state citate, sono: comunicazione e cooperazione, affiliazione e attaccamento, potere, fisicità, emotività, vulnerabilità e mancanza di fiducia in se stessi, intimità e nutrimento. Per quanto concerne la prima area, dal momento che le donne fin dalla tenera età hanno modo di praticare la comunicazione soprattutto dedicandosi alla cura degli altri, esse risultano essere molto portate a comunicare. Di fatto, le donne prediligono e sviluppano modalità di conciliazione con gli altri piuttosto che ritrovarsi in situazioni di scontro e confronto. Le ricerche hanno dimostrato che nella maggior parte delle società, le reti di comunicazione tra donne sono un’utile base per l’interazione sociale. Questa condotta più cooperativa è fondamentale, soprattutto in termini di consultazione e di processi decisionali democratici che dovrebbero condurre a una maggiore onestà e a un maggior impegno da parte degli individui in un’organizzazione. Per quanto riguarda la seconda area, vi è una prova molto forte che le donne hanno sviluppato un diverso “punto di partenza” psichico in cui l’affiliazione è valutata come elemento importante se non primario rispetto al miglioramento personale. Di fatto, nelle teorie psicologiche, le donne vengono descritte come “dipendenti”, ovvero che necessitano molto degli altri poiché esse non hanno individuato o sviluppato un certo grado di autonomia. Questo grande senso di legame e preoccupazione per gli altri può essere una vera risorsa per le organizzazioni, che spesso creano sensazioni di alienazione e mancanza di sentimenti di gruppo. L’importanza dell’attaccamento e della connessione interpersonale è sempre stata vista dalle donne come una qualità deficitaria. In realtà, la maggiore predisposizione delle donne con il mondo relazionale potrebbe contribuire a rendere organizzazioni luoghi in cui l’affiliazione, l’amicizia, la solidarietà e le personalità potrebbero essere valorizzate e valutate in modo più integrato. Nella terza area rientra il potere, le fantasie femminili sono più orientate verso l’individuazione di entrambi i lati di una relazione di interdipendenza e sono più propense a riconoscere la propria e personale interdipendenza, rispetto alle fantasie maschili. Le donne inoltre tendono spesso a bilanciare il potere offrendo cura e forza, mentre gli uomini tendono a equiparare il potere con aggressività e fermezza. Quando il potere viene concepito come un potere di sopraffazione sugli altri, ciò significa che l’individuo che se ne fa carico deve spendere considerevoli energie psichiche per riuscire a limitare e controllare il potere degli altri, in modo da avanzare solamente egli stesso. La nozione di potere associata invece al mondo femminile, e quindi concepita come una forza interna trasformatrice o una forza liberatrice per la comunità, potrebbe produrre un cambiamento radicale nelle organizzazioni che genericamente supportano una concezione gerarchica del potere, ovvero del potere di un individuo su tutti gli altri. La quarta area riguarda la fisicità delle donne, aspetto legato alle immagini della natura, della nascita, della gravidanza, dell’allattamento, del nutrimento e della crescita. Tale fisicità può diventare una risorsa nel momento in cui essa motiva le donne nelle realtà quotidiane di crescita e sviluppo. La quinta area riguarda l’emotività, la vulnerabilità e la mancanza di fiducia in se stessi. Le donne  sembrano avere più facilità nell’esprimere la loro vulnerabilità, le loro debolezze, la loro mancanza di fiducia e le loro emozioni. Dovendo difendersi meno e negare meno rispetto agli uomini, le donne sono in una posizione di forza che consente loro di lavorare in maniera produttiva con i loro sentimenti di debolezza per costruire nuovi punti di forza su una solida base psichica, fatto che la negazione non permette. Tale abilità femminile di esprimere l’emotività e la vulnerabilità può effettivamente aggiungere una dimensione umana alle organizzazioni, elemento non molto analizzato nella letteratura manageriale. Questa dimensione di umanità potrebbe avere un effetto estremamente positivo sulla qualità della vita nelle organizzazioni. L’ultima area concerne l’intimità e il nutrimento, intesa come capacità di relazionarsi con se stesse e di favorire l’auto e l’etero conoscenza, processi che conferiscono all’organizzazione caratteristiche più umane e meno condizionate. Di fatto, la grande capacità di empatia nei confronti degli altri e di relazione intima con se stesse di cui le donne sono dotate favorisce i legami e le connessioni con il mondo interno ed esterno alle organizzazioni.

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