Violenza: vittime e autori uniti dal dolore

Violenza: vittime e autori uniti dal dolore

Violenza e dipendenza affettiva sono facce della stessa medaglia

Quando si parla di violenza, sia psicologica che non è necessario avere una visione d’insieme del caso e considerare sia il lato della vittima che dell’autore, in quanto ciò che lega i due è il dolore e quindi è opportuno poter concedere ad entrambe le parti lo stesso supporto.È opportuno accompagnare le vittime e gli autori coinvolte in atti persecutori e nelle dinamiche della violenza nel difficile percorso della separazione e del distacco affettivo. La psicologia del distacco valuta la riuscita o mancata elaborazione di un lutto, abbandono, separazione e rifiuto. Risultati di alcune ricerche dimostrano che le dinamiche conseguenti ad una non elaborazione di una separazione, abbandono o rifiuto rappresentano il principale movente degli agiti violenti, omicidi, stragi e suicidi. Infatti, non è un caso, ritrovare tra i vari autori o vittime di episodi violenti, figli adottivi o affidati, i quali hanno vissuto il trauma dell’abbandono, spesso addirittura anche un doppio abbandono, dovuto a famiglie che rimandano indietro i bambini.  Quando ci si occupa di violenza, in tutte le sue forme, è utile offrire un contenimento, aiutare a prendere coscienza del disagio, facilitare la condivisione,  rompere l’isolamento, incoraggiare il confronto, migliorare l’autostima e la comunicazione, migliorare le competenze interpersonali. La conoscenza della persona si concretizza sinteticamente attraverso la sua biografia, attraverso l’analisi delle relazioni interpersonali e prestando attenzione alla modulazione delle emozioni, espresse e manifestate durante i colloqui. Il vissuto che caratterizza le persone oggetto di persecuzioni e di violenza è di grande confusione; questo stato d’animo è spesso generato dalla paura per la propria incolumità e dalla perdita del controllo della propria esistenza. Nei colloqui è fondamentale strutturare un clima relazionale facilitante la comunicazione, la persona in questo modo percepisce di essere compresa e di potersi esprimere liberamente. Le persone che agiscono e che subiscono sentono molto forte il giudizio ed il pregiudizio, è dunque importante mantenere un’ assenza totale di valutazioni e preconcetti, è utile considerare gli autori come persone che hanno bisogno di una relazione di aiuto in cui possano emergere le manifestazioni “oscure” dei loro comportamenti. Si lavora sul contenimento dell’ansia, si raccolgono le preoccupazioni e si rappresenta l’iter che dovrà seguire così da preparare la persona ad affrontare le inevitabili circostanze stressanti che seguiranno. Sembra utile cambiare il concetto di giustizia che diventa un protocollo preventivo-riparativo, orientato a permettere alle parti la rielaborazione degli aspetti affettivo-relazionali del conflitto, si distingue da altri in quanto “si prende cura” (non cura) delle persone che subiscono ed agiscono violenza. Si parla dunque di giustizia riparativa e non meramente punitiva. Il modello si pone a favore delle vittime per offrire una riparazione concreta del danno derivante da un reato e tenta di promuovere una risocializzazione del reo per evitare la commissione di un nuovo reato. L’obiettivo di questo approccio è la ricomposizione della frattura nella comunicazione                                  interpersonale tra le parti provocata dalla commissione del reato o dalle sue conseguenze. Si è evidenziato una correlazione tra la frustrazione e le condotte violente, persecutorie, stalking: Rifiuto/separazione/abbandono = Frustrazione = Violenza/stalking. Un’altra correlazione importante è quella relativa alla restrizione carceraria dove il tasso di frustrazione è elevatissimo: Carcere = Frustrazione = Alto tasso di recidiva. Prevenire le ricadute e le recidive è possibile proprio lavorando sulla frustrazione attraverso l’ascolto e l’empatia. Accogliere i bisogni frustrati è come dare un risarcimento alla delusione e fallimento, soprattutto crea la speranza che al di là delle sbarre, espiate le proprie pene, ci sia una seconda possibilità. La dipendenza affettiva essenzialmente caratterizza le persone vittime e autori di violenza psicologica e non. La dipendenza affettiva è una condizione relazionale negativa, chi ne soffre è ossessionato da bisogni irrealizzabili e da aspettative non realistiche. Molto spesso le coppie di autori e vittime di violenza psicologica vivono la loro storia restando fermi nella fase della simbiosi, per loro anche quattro mesi sono vissuti come quattro anni. Esserne consapevoli è un primo passo verso il cambiamento. La dipendenza affettiva e la manipolazione psicologica sono due facce della stessa medaglia, è importante essere esperti di queste dinamiche e lavorarci sia individualmente che in coppia (laddove sia possibile) per liberarsi dalla paura dell’abbandono e dalle catene dei sensi di colpa. E’ necessario comprendere come la richiesta di aiuto non rappresenti un segnale di incapacità o debolezza, bensì un’opportunità di confrontarsi con esperti in grado di indirizzare, di valorizzare le risorse individuali e di rendere la persona in grado di individuare strategie funzionali a breve, medio e lungo termine.

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