Gravidanza e coronavirus: come cambia la quotidianità delle mamme

Gravidanza e coronavirus: come cambia la quotidianità delle mamme

Spesso passano dei mesi, in alcuni casi addirittura degli anni, prima che il test di gravidanza riveli l’arrivo di un bambino. In quel preciso istante si viene investite da un vero e proprio tsunami emotivo, a seconda del proprio vissuto, possono emergere soprattutto emozioni positive di gioia, speranza e fiducia. Sembra quasi di toccare il cielo con un dito, tutto ciò che fino a poco prima era solo desiderato, immaginato, fantasticato, ora esiste e sembra quasi che il mondo intorno cambi forma.

Il primo trimestre è un momento di shock e di improvvisa necessità di assestamento sotto nuovi equilibri. Da un lato ci sono i cambiamenti ormonali che possono creare alla donna alcune difficoltà come stanchezza, nausea, cambiamenti di umore, dall’altro la delicatezza di questa prima fase della gravidanza non consente pienamente alla donna di gioire dell’evento che le sta capitando. È sicuramente il periodo in cui è più frequente l’ansia che qualcosa possa andar male.  Vi sono inoltre le preoccupazioni circa lo stato di salute del proprio bambino. Stati d’animo molto comuni sono la preoccupazione che il bambino cresca nel modo adeguato, che non abbia malattie genetiche, malformazioni o altre patologie.

Ma cosa succede se a tutto ciò si somma l’incertezza e il cambiamento dettati dall’epidemia da Coronavirus? Come cambia la quotidianità di una donna in gravidanza durante la quarantena? Affrontare il periodo della gravidanza durante l’isolamento da coronavirus può essere difficile  per le mamme in attesa. Sicuramente il rischio più grande è quello di essere sopraffatti da pensieri negativi che generano una maggiore ansia.

Vivere la gravidanza in quarantena non è certo una prova semplice per le donne incinte e i loro partner. Sicuramente c’è da sottolineare la difficoltà che si sperimenta anche per effettuare semplici visite o esami di laboratorio,da cui spesso purtroppo i papà sono esclusi per via delle nuove disposizioni. A questo si aggiunge la paura costante di contrarre il virus proprio perché si frequentano maggiormente studi medici e di analisi. Inoltre, da non sottovalutare poi il disagio di sperimentarsi dipendenti dai partner e poco autonome, uscire per fare la spesa diventa un miraggio e non più la quotidianità! Così come diventa problematico uscire per una passeggiata, e addirittura impossibile fare un giro per i negozi..magari per entrare proprio in quelli che vendono abbigliamento da bambini…così giusto per sognare un po’!

Allo stesso tempo è utile cogliere di questa situazione anche il lato “positivo”. Intanto il primo passo per non lasciarsi sovrastare dall’ansia e lo stress che questi momenti di isolamento possono portare, è quello di focalizzarsi sul qui e ora. È importante pensare al presente, cercando di approfittarne e coglierne anche i lati postivi. È utile concentrarsi sul bambino, perché durante la gravidanza mamma e figlio riescono a creare una sintonizzazione particolare. In effetti questo tempo a casa può servire per comunicare più intensamente con il bambino, attraverso la voce o il tocco delle mani. È possibile riposare quando il corpo lo richiede così da assecondare i propri ritmi che sono ormai cambiati, senza però tralasciare di praticare esercizio fisico. Il movimento, così come la respirazione  oltre ad essere canali di comunicazione con il bambino, aiutano a ritrovare un po’ di benessere e ad entrare maggiormente a contatto con il proprio bambino.

Infine la necessità, dettata dalla quarantena, di condividere uno spazio e un tempo condiviso con il proprio partner permette di creare un’alleanza di intenti tra i genitori. In questi momenti può essere d’aiuto cominciare a immaginare quello che sarà, consolidando il gioco di squadra che la coppia farà successivamente. Parlare di come verrà gestito il bambino è un’occasione per rafforzare il rapporto e supportarsi reciprocamente. In questo modo anche i papà che a volte sembrano avere un ruolo marginale durante la gravidanza, possono invece vivere questa avventura con maggiore vicinanza e partecipazione.

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Ti amo, ma quanto ti amo! Sarà ancora vero dopo la convivenza forzata?

Ti amo, ma quanto ti amo! Sarà ancora vero dopo la convivenza forzata?

La convivenza ai tempi del coronavirus è cosa tutt’altro che semplice.  La vita sociale, le relazioni amicali, il lavoro, gli hobby rappresentano per la coppia un vero e proprio elisir di lunga vita. Durante questa quarantena obbligatoria però le coppie si trovano a fare i conti solo con se stesse, private di  stimoli e distrazioni esterne, dovranno far leva solo sulle proprie risorse. Allora come affrontare al meglio questo periodo di convivenza forzata dovuta all’emergenza Coronavirus?

Innanzitutto è utile cercare di mantenere una ruotine, ricostruendo una quotidianità molto simile a quella pre-emergenza; curare il proprio aspetto è essenziale ,e mantenere uno stile alimentare  il più possibile sano. In questo modo saremo di supporto e ispirazione anche per il partner.

È altresì importante condividere emozioni e preoccupazioni con il proprio partner. Questo momento così triste può essere una buona occasione per approfondire o recuperare un’interazione che forse non eravamo più abituati ad avere, sopraffatti dagli impegni della quotidianità lavorativa.

È necessario conservare uno spazio privato sia di tempo che di luogo, per mantenere saldo il rapporto di coppia è importante ritagliarsi uno spazio individuale nel quale potersi dedicare alla cura di sé, all’attività fisica, alla lettura di un libro o comunque a tutto ciò che fa stare bene la persona. L’importante è che si tratti di un luogo e di un momento completamente privato.

È fondamentale continuare ad interagire, anche se a distanza, con amici e parenti, da soli o in coppia, per condividere le proprie emozioni, sorridere di questa particolare condizione, ma anche riconoscersi nelle problematiche altrui, per sentirsi meno soli.

Durante i momenti di discussione, che possono facilmente generarsi in una condizione di convivenza forzata, il consiglio è quello di non perseverare nel conflitto per evitare di arrivare a una escalation della rabbia. Il partner più incline alla riconciliazione deve imparare a non raccogliere sempre il guanto di sfida, e magari disinnescare la lite con un tocco di leggerezza.

Una suddivisione chiara dei compiti aiuta ad organizzare la giornata, ma può anche trasformarsi in un divertente gioco di ruolo. Così, per esempio, se normalmente il marito rientra più tardi dal lavoro e trova la cena già pronta in tavola, in questi giorni potrebbe essere lui ad occuparsi della cucina. Se di solito è il papà che gioca con i bambini, passare alla mamma la palla di intrattenitrice aiuterà a rompere la routine.

È bello riscoprirsi compagni di giochi, cercando di colorare l’emergenza con un po’ di sano divertimento, via libera ai giochi da tavolo, ma anche ai videogiochi, purché condivisi con il partner o con i figli, karaoke e corsi di ballo online. Liberare endorfine aiuterà ad affrontare al meglio la crisi.

Infine, ma non per ultimo ricordiamo di tutelare la sessualità di coppia, seppure passare troppo tempo insieme puo’ far affievolire l’appetito sessuale, ricordiamoci che la sessualità preserva la relazione, poiché producendo ossitocina, si rinforza il legame.

Essere in coppia significa prima di tutto ascoltarsi, accogliersi e rispettare le diversità, dare vicinanza e conforto all’altro, soprattutto significa non dimenticarsi mai di essere una squadra.

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Amore non corrisposto: perchè succede?

Amore non corrisposto: perchè succede?

L’amore è quel profondo sentimento che presuppone la partecipazione di due anime che si incontrano, si amano, e decidono di comune accordo di intraprendere un cammino congiunto.

Ma non sempre è così. A volte ci si innamora non essendo ricambiati. E in questa situazione riversiamo tutte le nostre energie sul nostro oggetto d’amore, ma a senso unico.

Vivere un amore non corrisposto significa vivere una storia dove dall’altra parte non c’è qualcuno che ricambia, e che da un senso al nostro sentimento. Una condizione che porta a fare l’esperienza del rifiuto, e a provare di conseguenza un profondo senso di vuoto e sofferenza.può divenire sentore di qualcosa che non funziona, quando si trasforma in una vera e propria fissazione.

Quando nonostante la realtà non accettiamo che il nostro sentimento non sia ricambiato, quando non riusciamo a tornare ad investire su di noi e sulla nostra vita.Se vivere un  amore non corrisposto può capitare a chiunque, occorre fermarsi e comprendere cosa sta accadendo, quando tendiamo ad essere recidivi nel ripetere questo copione. In questo caso possono esserci alla base delle difficoltà di cui occorre occuparsi. Potrebbe esserci:

  • Una bassa autostima, uno scarso senso di valore personale, che ci spingono come conseguenza a sentirci attratti da persone che non ricambiano, o hanno ben poco da dare
  • Una condizione di deprivazione affettiva, provata all’interno del nostro contesto familiare.
  • Un profondo senso di solitudine che ci spinge a ricercare un legame ad ogni costo pur di non sentirci soli
  • Una tendenza a stare più nella fantasia che nella realtà, e una difficoltà nel costruire una relazione reale e matura

Un amore non ricambiato può essere vissuto in molti modi: innamorandoci di chi non ricambia il nostro sentimento, continuando ad innamorarci di persone non libere, o non propense a vivere il rapporto con lo stesso trasporto e partecipazione che vorremmo.

Questa esperienza è tipica nella fase adolescenziale. In età adulta,la nostra maturità, un senso di stabilità personale, e la presenza di ulteriori risorse relazionali, possono aver fatto la differenza su come tale momento è stato superato.

In condizioni di bassa autostima, sfiducia, e solitudine, tale situazione potrebbe condurre a sviluppare dei veri e propri vissuti depressivi.

Se si tratta di una condizione unica può accadere che per uscirne si deve un pò alla volta ripartire da noi e ricominciare a costruire la nostra vita. Ricominciare a vivere e coltivare la nostra individualità, i nostri bisogni, le nostre relazioni, ed interessi.Ricominciare a vederci come soggetti singoli con tutto quello che ne consegue. Provando a non chiuderci, e facendo leva su tutte le risorse individuali e relazionali a nostra disposizione.

Tutto ciò un pò alla volta ci porterà ad accettare l’accaduto, e a superarlo.

Situazione ben diversa sarà quella in cui vivere un amore non corrisposto diviene un copione deleterio che tende a ripetersi.

In alcuni casi ci sarà la necessità di lavorare sulla nostra autostima, per arrivare a riconoscere il nostro valore. E che meritiamo di vivere una storia di qualità, dove ci siano scambio e partecipazione da ambedue le parti.

A volte occorrerà imparare a costruire relazioni vere e reali. Aspetto non affatto scontato.In quanto molti di noi purtroppo costruiscono storie stando poco nella realtà, facendosi trasportare solo dalle emozioni del momento, ma non avendo la minima idea di chi c’è dall’altra parte. Che caratteristiche ha e se c’è qualcosa di concreto, e su cui vale davvero la pena fare un investimento affettivo.

A volte ci troviamo a vivere un amore non corrisposto perché cerchiamo invano di rientrare di crediti non riscossi, ma lo facciamo in modo tale da rafforzare la nostra mancanza. Se ciò che abbiamo vissuto è la mancanza d’affetto, potremo avere la tendenza a scegliere persone che non ci vogliono, che non possono darci quello che tanto vorremmo.

Perché in fondo è ciò che conosciamo e a cui siamo abituati, e non sappiamo com’è essere corrisposti e stare in una storia reale. In questo modo continuiamo a reiterare la stessa mancanza.

Quindi occorrerà rafforzare la nostra autostima, riscoprire il nostro valore, imparare a costruire un rapporto reale e che possa davvero darci qualità e amore in cambio. Occorrerà esplorare perché la fuori le persone non sono tutte uguali.E se ce ne sono alcune che non fanno per noi, ce ne sono altre che invece potrebbero darci molto, dobbiamo solo darci la possibilità di conoscerle e farle entrare nella nostra vita.Cosa che difficilmente potrà accadere fintanto che rimaniamo fossilizzati su ciò che non funziona.

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Erotismo femminile e maschile: quando diventa arte.

Erotismo femminile e maschile: quando diventa arte.

Le forme del desiderio maschile e femminile sono diverse tra loro. L’erotismo femminile ha la caratteristica della continuità, mentre l’erotismo dell’uomo è discontinuo. La donna ha bisogno di essere unita, cercata, desiderata sempre, vuole l’idillio, l’intimità profonda, immagina la vita in comune come tempo per realizzare la continuità e completezza erotica.

L’uomo invece, dopo lo splendore dell’incontro ha bisogno di allontanarsi. Può dispiacergli di lasciare l’amata ma si porta con sè un profondo senso di pienezza, è rigenerato, compiuto, felice. La donna, invece prova un fremito e un inquietudine profonda connessi al senso di perdita L’erotismo maschile ha un inizio e una fine, egli sa che tornerà alla vita quotidiana.

Oltre che di continuità la donna ha bisogno di prossimità, il suo erotismo ha un aspetto  “mondano”, al contrario di quello maschile che tende ad essere privato e più concentrato sul canale visivo. La donna ha bisogno di essere amata in modo continuo ( ricevere fiori, attenzioni, messaggi quando il suo uomo non c’è) e contiguo (a lei serve sentire la voce dell’amato che la chiama, l’odore della pelle, la potenza muscolare).

In questo momento storico le differenze culturali tra uomini e donne si sono attenuate, e più che confrontare le reciproche differenze, essi cercano ciò che li accomuna: molte donne sono esperte sessualmente ,prendono l’iniziativa, occupano ruoli di potere; gli uomini dal canto loro si depilano, si curano, si prendono cura dei figli. Forse per la prima volta, ciascuno, assumendo il ruolo dell’altro, si osserva a fondo per capirsi. Il distacco maschile, che allontana per guardare e vedere, porta la donna a vedere, a mettere a fuoco l’uomo come oggetto, quindi come persona desiderabile e a metter a fuoco se stessa, la su identità: al di là della famiglia, la sua esistenza come “individuo”è profondamente appagante?Questa domanda è importante non solo per sé, ma anche per il rapporto di coppia.

Se l’uomo si allontana la donna può vederlo con gli occhi delle altre donne con cui egli si relaziona in ambito sociale e lavorativo; questo alimenta il suo bisogno di essere al centro delle sue attenzioni, dunque la sua arte seduttiva. L’erotismo femminile è anche affanno, paura di non essere amata, bisogno di sentirsi cercata sempre e ancora e ancora. La tensione mette in moto fantasie erotiche. La continuità dell’erotismo femminile suscita nell’uomo una forte attrazione, ma anche inquietudine e così la discontinuità dell’eros maschile .

Il dongiovanni che esaspera la discontinuità  e cerca ossessivamente la diversità di ogni donna, alla fine è insoddisfatto e non riesce a raggiungere un piacere profondo in grado di rilassarlo. Di donna in donna non trova qualcosa in più, ma solo di diverso. L’organismo umano ha bisogno da un lato di permanenza e radicamento, ma dall’altro lato di novità e di cambiamento, forze generative che danno pienezza alle relazioni.

All’interno della coppia il grande erotismo è possibile solo se uomo e donna portano fino in fondo sul confine ciò che è specifico del loro sesso. Questi due erotismi così diversi si possono completare a vicenda. L’arte erotica è quando ciascun partner fa esattamente ciò che piace a lui e, ciononostante fa ciò che piace all’altro, quando l’espansione del proprio erotismo avviene attraverso la sintonizzazione con l’erotismo dell’altro.

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Coppia: sarà per sempre? Vediamo come prevedere quanto durerà

Coppia: sarà per sempre? Vediamo come prevedere quanto durerà

Sarà per sempre? Tutti ce lo siamo chiesti almeno una volta nella vita, soprattutto quando abbiamo pensato di aver incontrato la “persona giusta”.

L’idea che l’amore possa durare per sempre è un potente deterrente contro l’angoscia del tempo e della morte. Basterebbe però guardare alla relazione per eccellenza, la relazione madre-bambino,per renderci conto che non può essere per sempre, non deve esserlo. Il “per sempre” è fonte di sofferenza per una madre che vede crescere e allontanarsi il proprio figlio; per un figlio che lentamente vede spegnersi chi lo ha generato e per gli innamorati, che vorrebbero restare in eterno sul talamo dell’amore. In realtà è un’illusione, e concentrarsi sulla durata o meno di una relazione distoglie spesso i partner dall’unico vero problema della vita a due: “il come”.

È il “come” che può influenzare una relazione d’amore e garantire la longevità. Sono la passione, la coesione, il dialogo, la tenerezza, la maturità affettiva a fare ala differenza sostanziale. I figli arricchiscono la relazione ma non la incatenano alla dimensione del “per sempre”; anzi, chi afferma di restare insieme per i figli, fa un errore incommensurabile che spesso nasconde angosce e paure più profonde.

Gottman, psicologo dell’Università di Washington, ha spiegato come le separazioni che avvengono dopo 5-7 anni in genere sono causati da gravi conflitti (infedeltà, litigi violenti); mentre le separazioni che avvengono dopo 10-12 anni dipendono di solito da un abbassamento dell’intimità e delle interazioni in seno alla coppia.

Prevedere quanto durerà diventa quasi impossibile, alcuni ricercatori sottolineano  l’importanza dell’ “affinità di coppia” e focalizzano la propria attenzione sui tratti di personalità dei partner, sugli interessi in comune, sul livello di istruzione, sul tipo di vita sociale condotta. È vero, questi fattori possono giocare un ruolo importante nella coppia ma non sono sufficienti.

L’unico modo per potersi garantire un rapporto equilibrato e durevole è darsi all’altro con impegno costante e incondizionato: non abbassare la guardia,non dimenticare mai che l’amore ha bisogno di essere continuamente rinnovato, nutrito e riconfermato. Scegliere un partner, sposarsi, fare un figlio e pensare di riuscire in questa impresa senza sforzo, convinzione, continuo lavorìo interiore è la migliore ricetta per la catastrofe. Scegliere di preservare e privilegiare la conservazione del proprio rapporto al di sopra della propria crescita e sviluppo, reprimere l’impulso a imboccare strade nuove e sconosciute è un modo di vivere la vita. La sicurezza  e il valore di quello che si possiede ha la precedenza su quello che si potrebbe diventare. È una scelta più che una questione di coraggio. Prendiamo ciò che vogliamo e dobbiamo essere pronti a pagarne le conseguenze. A volte l’amore sopravvive a questa scelta, a volte no.

La vita è un viaggio meraviglioso e al dimensione del “per sempre” non è basilare, no, oggi non lo è più: una relazione ha valore a seconda della gioia che dà, non della sua durata. Non c’è niente di ammirevole in due persone che rimangono insieme per cinquant’anni sopportando infelicità e frustrazioni .

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Quando l’amore diventa ossessione

Quando l’amore diventa ossessione

C’è una linea sottile tra l’amare e l’amare troppo, che determina una grande differenza in chi lo prova: di solito chi ama troppo non ama se stesso! Spesso in questo caso più che di amore potremmo addirittura parlare di ossessione verso il partner, e forse alla radice di tale ossessione non c’è l’amore, ma la paura: paura di restare soli, paura di non essere degni d’amore e di considerazione, paura di essere ignorati, abbandonati, annichiliti. Solitamente si tratta di un fenomeno tipicamente femminile, anche se esistono molti uomini che coltivano questa ossessione con lo stesso fervore di una donna. Di solito gli uomini tendono a proteggersi, ad alleviare le loro pene ponendosi mete esterne piuttosto che interne. Tendono ad appassionarsi al lavoro, agli sport o a qualche hobby, mentre le donne tendono a risolvere i problemi, derivanti da un’infanzia conflittuale, in una relazione che le ossessiona, forse proprio con un uomo altrettanto disturbato e distante. Le donne che vivono il proprio amore verso il partner come un’ossessione, lo offrono con la speranza assurda che tale uomo possa proteggerle dalle loro paure; invece le paure e le ossessioni si approfondiscono, finchè offrire amore con la speranza di essere ricambiate diventerà la costante di tutta una vita. E poiché, questa strategia non funziona queste donne ci riprovano, amano ancora, amano di più, amano troppo, annullando se stesse, i propri bisogni, la propria individualità.  Le radici di questi amori, definite ossessioni, sono ataviche e infantili, ferite mai guarite, basate sullapprendimento di un rifiuto precoce legato alla propria inadeguatezza, e per questo si perpetuano nella relazione di coppia. Il dipendente ama l’altro idealizzato, lo stesso amore che ha provato nella propria infanzia per un genitore irraggiungibile, che lo ha abbandonato, dal quale si è sentito tradito.

Per questo, la dipendenza si alimenta e si nutre del rifiuto, della svalutazione, dell’umiliazione, del dolore: non si tratta di provare piacere nel vivere tali difficoltà, ma di dare corpo al desiderio di essere in grado di cambiare l’altro, di convincerlo del proprio valore, di salvarlo, riuscendo a farsi amare da chi ama solo se stesso. Amare un partner realmente affettuoso e gentile porta ad annoiarsi, invece lo stare sulla corda, il rifiuto, la mancanza di certezza muove il desiderio.

Questo comportamento è ulteriormente aggravato da un’ attribuzione di colpe che non si hanno: io sbaglio e per questo lui si comporta in questo modo”, “se solo fossi meno gelosa tutto questo non succederebbe”, “se ha urlato e mi ha offeso così è perchè io l’ho fatto innervosire, ho tirato la corda”. Si tende a giustificare l’altro,i suoi malumori,il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, quando tutto ciò non piace, eppure ci si adatta pensando che l’amore e l’affetto che si prova verso l‘altro lo farà cambiare  per amor nostro. Naturalmente, si tratta di valutazioni errate che servono ad  alimentare e a mantenere la bassa considerazione di sé.

 

Il primo passo per poter uscire da questa condizione è incominciare ad amare se stessi e a mettersi al centro della propria , passaggio indispensabile per passare dalla dipendenza all’indipendenza, ovvero concedersi la possibilità di farsi amare in modo sano e diventare sereni.

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La coppia e il morbo dell’incomunicabilità

La coppia e il morbo dell’incomunicabilità

Forse non tutti sanno che nella coppia tutto è comunicazione. Più verbale all’inizio, diventa più essenziale e non verbale nel tempo, quando i ritmi delle giornate consentono piccolo spazi comunicativi per lo più brevi e spesso legati ad avvenimenti esterni.

Bodenmann(2004) ha individuato tre aree di competenza importanti nel mettere in atto modalità di conflitto costruttive utili a mantenere nel tempo una relazione soddisfacente:

  • competenze comunicative: servono a negoziare la relazione e a migliorare l’intimità;
  • competenze di problem solving: necessarie per la risoluzioni di problemi;
  • competenze di coping: utili a far fronte efficacemente agli eventi critici, attesi e non, di ampia portata o quotidiani.

Il livello di competenza comunicativa può discriminare le coppie soddisfatte da quelle insoddisfatte: le prime sono caratterizzata da un’alta qualità della comunicazione intesa come capacità di rivelare al partner e riconoscere le reciproche emozioni e opinioni; le seconde si distinguono per una comunicazione povera, scarse capacità di argomentazioni, evitamento costante, manifestazioni di aggressività e distruttività. Una buona modalità di comunicazione si evidenza nella quotidianità, soprattutto in caso di conflitti e litigi.

Gottman e Silver (1999) definiscono “Cavalieri dell’Apocalisse” tutti i comportamenti di critica, disprezzo e ostruzionismo che si hanno durante una comunicazione negativa. La critica rappresenta un attacco alla persona, quando si accusa l’altro, non solo ci si lamenta di un particolare comportamento adottato, ma si attua un vero e proprio attacco alla persona. Il disprezzo trasmette disgusto, e insieme alla critica, determina un atteggiamento di difesa, volto a rimproverare l’altro, o, altre volte un atteggiamento di ostruzionismo che serve ad evitare, a disimpegnarsi emotivamente dalla relazione. I partner quando litigano tendono ad attribuirsi reciprocamente sentimenti negativi,hanno difficoltà a cogliere i sentimenti esperiti dall’altro e non riescono ad utilizzare una comunicazione costruttiva. Le coppie che dedicano tempo al racconto degli avvenimenti della giornata, che risolvono efficacemente le questioni della vita quotidiana e che gestiscono in modo adeguato lo stress giornaliero si espongono in misura minore al rischio di innescare una reazione conflittuale distruttiva.

D’Amico(2006) sottolinea l’importanza dei “turni” della conversazione che evitano contrapposizioni fuorvianti e implicano non solo una buona capacità di esprimersi, ma anche, e soprattutto, di ascoltare. Nell’avvicendarsi dei turni, ciascun partner può perseguire almeno due obiettivi: sottolineare la propria superiorità o, al contrario, sostenere chi parla. Uno dei due può cercare di manifestare la propria superiorità ricorrendo alle interruzioni o abusando del tempo a disposizione, e può farlo anche con atteggiamenti non verbali, come non guardare il partner, ma volgere lo sguardo altrove o usando i gesti, tipo puntare il dito contro. A questo punto sarebbe utile sospendere la comunicazione per poi riprenderla successivamente. Intanto può servire allentare la tensione e affinare le competenze comunicative dedicandosi al pettegolezzo, allo scambio di informazioni, all’humour, alla scoperta di aree comuni di interesse per eludere le trappole della cattiva comunicazione.

Successivamente , come proposto da Bodenmann e Bertoni (2004), si può ricorrere al metodo dell’imbuto, una modalità specifica che consente di esprimere al partner quanto è accaduto in una situazione stressante e conflittuale e soprattutto come ci si è sentiti e che cosa si è provato in modo chiaro ed esplicito. Il modello sottolinea come in caso di conflitto sia utile parlare della situazione stressante che ha generato il conflitto (comunicazione neutrale) per arrivare a comunicare i sentimenti che l’hanno accompagnata (comunicazione esplicita diretta). Man mano che si scende verso una comunicazione esplicita diminuisce la possibilità di fraintendimenti, favorendo la risoluzione della situazione conflittuale stressante. La qualità della comunicazione risulta dunque un predittore significativo rispetto alla qualità e stabilità della relazione intima e all’assenza di conflitti distruttivi. Una buona comunicazione utile a impedire l’amplificazione delle situazioni di conflitto è quella che supera la negatività reciproca anche grazie all’utilizzo di strategie di interruzione momentanea della discussione.

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Sano egoismo: quando è la coppia a beneficiarne

Sano egoismo: quando è la coppia a beneficiarne

Quando si parla di coppia nella nostra mente riecheggiano parole come vincolo, legame, dovere, compromesso, quando invece il sentimento dominante dovrebbe essere il senso di libertà individuale. Sembra un paradosso, eppure è stato ampiamente dimostrato che chi nutre una sana autostima e quindi  un sano egoismo vive con più serenità anche il rapporto con gli altri; mentre le persone che mettono in secondo piano le proprie esigenze, le proprie inclinazioni e i propri bisogni, che non riescono ad amarsi in modo completo hanno più difficoltà ad aprirsi in maniera autentica agli altri e ad  instaurare rapporti costruttivi con loro.

Stare in coppia non significa perdere il senso di sé, mettere da parte la propria personalità: significa rimanere se stessi, sapersi tuttavia mettere nei panni dell’altro, tenendo bene a mente che la propria libertà influenza anche quella del partner e dei figli. Chi rinuncia alla propria natura, al proprio lavoro, alle proprie amicizie, ai propri interessi “ per amore”, in realtà non compie che un suicidio: invischiarsi nell’ altro porta ad un progressivo distanziamento, e dopo anni ci si accorge che la coppia ha cancellato l’individuo, e il partner finisce con l’essere l’unica ancora di salvezza. Non ci può essere sintonia con l’altro se non ci si sente in pace con se stessi, se attraverso un sano egoismo non si è riusciti a mantenere saldi dei confini rispetto ai propri bisogni. Un sano e ben calibrato egoismo non può che far bene alla coppia e non ha nulla a che vedere con l’incapacità di prendersi cura dei bisogni altrui o con la mancanza di interesse.

Se ci si ama, si ama ciò che quotidianamente si fa, in questo modo si costruisce una relazione  sancita da un legame profondo e valori condivisi in grado di resistere alla lontananza e alle spinte dell’Io. Spesso l’eccesso d’altruismo nasconde il desiderio di controllo, un egocentrismo che si nutre di risentimento e aggressività repressa, a differenza di un sano egoismo che invece è sinonimo di sicurezza che ci permette di essere centrati su di noi e di conseguenza sull’altro.

È importante cambiare la prospettiva da cui guardare la coppia che non deve essere vista come il punto di partenza, ma come il punto di arrivo, dove due persone si incontrano e si arricchiscono condividendo il proprio essere; su questo terreno così fertile, grazie al tempo e all’impegno è possibile costruire una famiglia. Chi rinuncia ad una parte di sé pensando di trovarla nella coppia spesso trova solo frustrazione. La costruzione del senso del Noi parte dal sentimento della propria individuazione e realizzazione, purtroppo non è possibile prescindere da questo.

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Tradimento: perchè succede e cosa fare

Tradimento: perchè succede e cosa fare

Il  tradimento ci lascia pensare ad una relazione intima, in realtà,ogni tipo di relazione può subire un “tradimento”. Se ti fermi un po’ di più a riflettere ti renderai conto che non solo nel corso della tua vita sarai stato tradito, molto probabilmente, hai anche tradito.

Vediamo più nello specifico cos’è il tradimento. Il tradimento significa minare la fiducia che una persona ci aveva dato. Perché ci sia il tradimento, bisogna che ci sia qualcuno che ci abbia dato fiducia. Quindi, se non c’è fiducia, non ci può essere tradimento. Questa è la prima regola.

.Mi piacerebbe riportare una storia che spiega meglio cos’è la fiducia e il tradimento.

“Un giorno un padre insegnò a suo figlio a saltare da una scala. Lo prese e lo mise sul primo gradino e lo invitò a saltare rassicurandolo che lo avrebbe preso. Il bambino, fidandosi delle parole del padre, decise di saltare. Il padre, una volta afferrato il bambino, lo mise sul secondo gradino è lo esortò a saltare, assicurandolo attraverso una serie di promesse, sulla sua presenza e sulla propria capacità di non farlo cadere. Il bambino saltò nuovamente e trovò il padre a prenderlo. Il padre lo mise così sul terzo gradino. Il bambino, fiducioso che il padre lo prendesse nuovamente saltò ma il padre questa volta non lo prese ed il bambino finì a gambe all’aria. Il padre lo sollevò e guardandolo dritto negli occhi gli disse: “Ora hai imparato che non ti puoi fidare di nessuno. Nemmeno di tuo padre. Che ti serva da lezione”.

Viene spontaneo chiedersi come mai una persona dovrebbe tradire la fiducia di un amico o compagno di vita? Le motivazioni possono essere varie, sicuramente alla base c’è, da parte dei  traditori seriali, il non aver imparato il vero valore della fiducia, dell’affidarsi, del lasciarsi andare nei confronti dell’altro.

Sono quelle persone che, per qualche motivo, fin da piccoli, non hanno avuto dei rapporti sicuri e non sono riusciti ad avere quelle sicurezze nei confronti della persona che si doveva prendere cura di loro stessi.

In questo modo hanno capito precocemente che l’altro non è “casa”, non è un posto sicuro, bensì un pericolo perché nel momento in cui abbassi la guardia ti farà del male. Madri o padri che si comportano in modo ambivalente, incostanti nel dare amore, imprevedibili, creano nel bambino una grande confusione che lo porterà a non fidarsi mai completamente dell’altro. Se apprendo che la fiducia non sarà mai una mia risorsa per rilassarmi e per ricaricarmi, non la considererò importante e per questo la potrò sminuire e tradirla senza nemmeno sentirmi in colpa.

I traditori seriali di entrambi i sessi ricercano costantemente l’approvazione e, non sentendosi importanti, ricercano nella conquista quell’autostima che le figure d’accudimento non sono riuscite a dargli. Per loro la fiducia non è importante perché non sanno cos’è e la possono dare come togliere. Quello che gli interessa è solo ricercare qualcuno che li faccia sentire importanti. La verità è che nessuno li potrà mai far sentire come vogliono sentirsi, perché è una mancanza infantile e quello che ricercano lo ricercano da quella persona che allora era tutto il loro mondo.

Ora magari vi state chiedendo come si può uscire da questo circolo vizioso che tanto dolore crea ad amici e compagni di vita.

Avere una buona consapevolezza di quello che da piccoli si è vissuto è il primo passo. Il secondo è capire che quello che si ricerca da grandi non è altro che un copione che si è appreso in tenera età ma che da grandi si possono anche fare cose diverse. Fondamentalmente, se non ti è ancora chiaro, devi sviluppare un Io adulto capace di affidarsi e di dare fiducia.

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Restare partner quando si diventa genitori

Restare partner quando si diventa genitori

Restare partner quando si diventa genitori è fatto più unico che raro. Le coppie spesso entrano in crisi quando nasce un figlio poiché tale evento apre a molte donne profondità sconosciute di amore e di dedizione. Avere un figlio significa per una donna essere amata e accettata in modo incondizionato, sentirsi finalmente e per la prima volta necessaria, unica, insostituibile. Anche i padri, sebbene con altri tempi e con altre modalità, sperimentano i misteri della nascita e vivono in pienezza la loro paternità provando sensazioni simili a quelli delle neomamme. Il problema è che spesso l’intensità del rapporto di coppia finisce per passare in secondo piano, si affievolisce, perché uno di partner, o entrambi, sposta il suo legame primario dal partner al figlio. Molte coppie, infatti, riportano che il matrimonio ha cominciato a deteriorarsi con la nascita del primo figlio per poi degenerare con la nascita del secondo. Diventa allora condizione necessaria per il buon funzionamento della coppia non perdere di vista il principio che la relazione di coppia deve rimanere il legame primario, se si vuole che l’intero sistema familiare regga e si mantenga sano, solido e vitale per tutti i componenti.

I segnali più evidenti di uno spostamento del legame primario dal partner ai figli:

  • i due partner si chiamano “mamma” e “papà” tra di loro, non usando più i veri nomi,
  • non danno più priorità all’erotismo,
  • mettono le loro esigenze di individui e di coppia in secondo piano,
  • non escono da soli,
  • non fanno vacanze senza i figli, scompare qualsiasi tipo di privacy all’interno delle mura domestiche,
  • ci si accorge di essere in sintonia più con i figli che con il partner.

Il risultato è che i partner creano una nuova relazione privilegiata, non più con l’altro/a ma con uno o tutti i figli.

Per accorgersi in tempo di questo pericolo e cercare di neutralizzarlo, sarebbe utile:

  • ricordare sempre che l’impegno di base deve essere quello di sostenere, mantenere e approfondire la relazione di coppia e la ricerca dell’altro: un buon rapporto di coppia è la migliore garanzia per il benessere di tutta la famiglia,
  • prestare attenzione all’affievolirsi della sintonia con il partner: se ci si accorge che qualcosa non va, non ignorarlo, non negarlo, non sentirti imbarazzato nel parlarne, cercate invece di decidere insieme come risolvere il problema sperimentando alcune strategie condivise,
  • creare e programmare regolarmente dei rituali di coppia: qualcosa da fare insieme, piccole idee per tenere viva la complicità e l’intimità. Informare i figli che c’è un momento, durante la settimana, che la coppia riserva per sè, insegna ai bambini che i genitori esistono anche  e soprattutto come coppia di individui, poi come genitori,
  • prendersi del tempo per stare da soli lontano da casa: la casa è il luogo della famiglia, i ruoli sono così fortemente stabiliti che spesso si perde la percezione di essere amanti,
  • non permettere che le responsabilità legate allo status di genitore fungano da deterrente alla sessualità e alla sensualità. È importante salvaguardare la propria privacy, non deve mai mancare il tempo del gioco: coccole, tenerezze, vicinanza, scambio di parole, ma anche il corteggiamento, la reciproca attenzione. È il desiderio per l’altro e il sentirsi desiderati e il reciproco riconoscimento che deve perdurare nel tempo.

È importante che nella famiglia si diffondano abitudini rispettate e condivise: un tempo per tutti e un tempo per la coppia. Insegnate ai vostri figli che ci sono momenti che avete bisogno di stare da soli: a loro volta sapranno salvaguardare tali spazi con il loro partner quando saranno adulti.

Come dirlo ai figli?

Se sono piccoli, sarà sufficiente dir loro con estrema semplicità che rimarranno da soli con la nonna o con la baby sitter: non è necessario scendere nei dettagli e per il senso di colpa che qualcuno può provare sarà neutralizzato dalla consapevolezza che è come se andaste a lavoro.

Se i figli sono più grandi, si può parlare loro dei bisogni dei genitori, di avere del tempo da trascorrere da soli: questo li aiuterà a capire che cosa occorre per un buon rapporto di coppia. I figli sono dei buoni osservatori e noteranno che i genitori sono più disponibili, allegri e rilassati dopo essere stati da soli. Se l’idea del tempo necessario per i genitori diventa un’abitudine della famiglia fin dall’inizio, i figli l’accetteranno facilmente e la faranno propria come qualcosa di buono per tutti.

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Padre e figlio: quale relazione

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