Erotismo femminile e maschile: quando diventa arte.

Erotismo femminile e maschile: quando diventa arte.

Le forme del desiderio maschile e femminile sono diverse tra loro. L’erotismo femminile ha la caratteristica della continuità, mentre l’erotismo dell’uomo è discontinuo. La donna ha bisogno di essere unita, cercata, desiderata sempre, vuole l’idillio, l’intimità profonda, immagina la vita in comune come tempo per realizzare la continuità e completezza erotica.

L’uomo invece, dopo lo splendore dell’incontro ha bisogno di allontanarsi. Può dispiacergli di lasciare l’amata ma si porta con sè un profondo senso di pienezza, è rigenerato, compiuto, felice. La donna, invece prova un fremito e un inquietudine profonda connessi al senso di perdita L’erotismo maschile ha un inizio e una fine, egli sa che tornerà alla vita quotidiana.

Oltre che di continuità la donna ha bisogno di prossimità, il suo erotismo ha un aspetto  “mondano”, al contrario di quello maschile che tende ad essere privato e più concentrato sul canale visivo. La donna ha bisogno di essere amata in modo continuo ( ricevere fiori, attenzioni, messaggi quando il suo uomo non c’è) e contiguo (a lei serve sentire la voce dell’amato che la chiama, l’odore della pelle, la potenza muscolare).

In questo momento storico le differenze culturali tra uomini e donne si sono attenuate, e più che confrontare le reciproche differenze, essi cercano ciò che li accomuna: molte donne sono esperte sessualmente ,prendono l’iniziativa, occupano ruoli di potere; gli uomini dal canto loro si depilano, si curano, si prendono cura dei figli. Forse per la prima volta, ciascuno, assumendo il ruolo dell’altro, si osserva a fondo per capirsi. Il distacco maschile, che allontana per guardare e vedere, porta la donna a vedere, a mettere a fuoco l’uomo come oggetto, quindi come persona desiderabile e a metter a fuoco se stessa, la su identità: al di là della famiglia, la sua esistenza come “individuo”è profondamente appagante?Questa domanda è importante non solo per sé, ma anche per il rapporto di coppia.

Se l’uomo si allontana la donna può vederlo con gli occhi delle altre donne con cui egli si relaziona in ambito sociale e lavorativo; questo alimenta il suo bisogno di essere al centro delle sue attenzioni, dunque la sua arte seduttiva. L’erotismo femminile è anche affanno, paura di non essere amata, bisogno di sentirsi cercata sempre e ancora e ancora. La tensione mette in moto fantasie erotiche. La continuità dell’erotismo femminile suscita nell’uomo una forte attrazione, ma anche inquietudine e così la discontinuità dell’eros maschile .

Il dongiovanni che esaspera la discontinuità  e cerca ossessivamente la diversità di ogni donna, alla fine è insoddisfatto e non riesce a raggiungere un piacere profondo in grado di rilassarlo. Di donna in donna non trova qualcosa in più, ma solo di diverso. L’organismo umano ha bisogno da un lato di permanenza e radicamento, ma dall’altro lato di novità e di cambiamento, forze generative che danno pienezza alle relazioni.

All’interno della coppia il grande erotismo è possibile solo se uomo e donna portano fino in fondo sul confine ciò che è specifico del loro sesso. Questi due erotismi così diversi si possono completare a vicenda. L’arte erotica è quando ciascun partner fa esattamente ciò che piace a lui e, ciononostante fa ciò che piace all’altro, quando l’espansione del proprio erotismo avviene attraverso la sintonizzazione con l’erotismo dell’altro.

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Chi trova un amico trova un tesoro…ma è sempre vero?

Chi trova un amico trova un tesoro…ma è sempre vero?

Chi trova un amico trova un tesoro… Recita così un vecchio proverbio, di vero c’è che chi trova un vero amico trova una grande risorsa per il proprio benessere psicologico. L’amicizia tra due persone o all’interno di un gruppo è una risorsa immensa. L’amicizia si basa sull’aiuto reciproco, sul sapersi mettere da parte per lasciare spazio “emotivo e psicologico” all’altro. L’amicizia è sinonimo di fedeltà e di felicità. Tutto questo non può che far bene. Ma come tutte le cose, a volte, dietro ad un comportamento si cela qualcos’altro e l’amicizia non fa eccezione.

Spesso non siamo circondati da buoni amici ma solo da persone che ci usano, ci manipolano oppure da persone a cui non possiamo affidarci perché l’amicizia vuol dire anche fiducia.

Quando inizi a frequentare una persona in amicizia dovresti stare attento se questa ti cerca solo quando gli serve qualcosa, se cerca di manipolarti, oppure se ti cerca quando si sente solo e non ha nessuno con cui uscire. Questi sono campanelli d’allarme che non dovresti mai sottostimare, perché colui che stai frequentando non ha le caratteristiche per diventare una persona fidata ed essere un potenziale amico.

Vediamo quali sono le persone da cui è meglio stare alla larga evitando di farle entrare nella cerchia delle amicizie.

I bugiardi e le persone false. Tutti abbiamo raccontato bugie nella nostra vita, ma i bugiardi patologici, cioè quelle persone che creano un mondo di menzogne, sono persone che è meglio evitare. Anche le persone false, quelle che non sono sincere, è meglio non farle rientrare nella cerchia delle amicizie. I bugiardi patologici e le persone false di sicuro prima o poi ti feriranno e lo faranno pienamente consapevoli di ciò che stanno facendo. Per loro non sei importante e non hanno nessuna empatia nei confronti degli altri, perché sono troppo concentrati a mantenere alta la propria autostima.

I manipolatori. Chi sono le persone manipolatrici? Sono tutte quelle persone che cercano, con l’inganno, l’adulazione e varie strategie, di farti fare quello che vogliono loro e non permettono di esprimerti per quello che sei. È sempre meglio stare lontani dai manipolatori perché non c’è nulla di più brutto di essere manipolati e non esserne consci. Nessun manipolatore potrà mai dimostrasi un vero amico perché  l’amicizia non si basa sulla manipolazione.

Gli indiscreti. Le persone indiscrete o, se mi passate il termine, i “pettegoli” non sono proprio degli amici. Come sempre bisogna fare delle distinzioni, perché a tutti è capitato di dire qualcosa che era meglio non dire sul conto di qualcun altro. Questo non vuol dire essere pettegoli, perché il vero maldicente è quello che cerca di farsi notare e cerca di diventare importante solo attraverso il pettegolezzo. I pettegoli sono quelle persone che ti fanno credere di essere tuo amico solo per carpirti dei segreti e, successivamente, dirlo agli altri perché chi possiede un segreto ha un potere. Vogliono il potere e lo ottengono a scapito degli altri.

Le persone negative croniche ed i pessimisti. Chi va con lo zoppo impara a zoppicare. Forse non è sempre vero ma di sicuro noi apprendiamo molto per imitazione. Questo sistema di apprendimento è molto più forte di quanto tu possa immaginare. Per questo motivo è meglio stare lontani dalle persone negative e pessimiste in modo patologico perché si dimostreranno vampiri d’energia e l’energia la prenderanno da te. Queste persone non ti permetteranno di crescere e di aspirare a qualcosa di più elevato perché, come dico sempre ai miei pazienti, non è importante farcela ma credere di farcela.

Per concludere, voglio dirti che un vero amico lo riconosci perché ti accorgerai di lui lungo il tuo cammino. Ti accorgerai che è sempre stato al tuo fianco, nei momenti belli e in quelli brutti. Quando ne avevi bisogno, sapevi che potevi farci affidamento e non ti ha mai chiesto o detto qualcosa per il semplice tornaconto personale. Un vero amico è quella persona che sa fare un passo indietro quando serve ma è sempre pronto a tenderti la mano.

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Il  copione di vita nella favole dell’infanzia

Il copione di vita nella favole dell’infanzia

Nella vita di ciascuno, gli eventi drammatici e i diversi ruoli che vengono appresi, approvati e poi recitati,sono all’origine tutti determinati da un copione. Un copione psicologico ha una straordinaria somiglianza con un copione teatrale. Entrambi hanno un determinato cast di personaggi, un dialogo, atti e scene, temi e complicati intrecci  che si snodano verso un momento culminante e terminano con il calare del sipario. Il copione psicologico è un programma di vita di una persona che ne stabilisce la meta e il modo di raggiungerla; è un dramma che la persona recita compulsivamente, anche se può esserne vagamente consapevole. Il dramma della vita inizia dalla nascita, le istruzioni del copione vengono poi programmate attraverso le transazioni tra genitori e bambini. I ruoli che generalmente si sceglie di portare in scena sono tre: Vittima, Persecutore e Salvatore. Crescendo, il bambino impara a recitare una di queste parti: eroi, eroine, malvagi, vittime e salvatori e inconsciamente cerca altre persone che recitino i ruoli complementari. Il copione di una persona  si riflette spesso in favole nelle quali compaiono non solo i fondamentali ruoli manipolativi ma anche la trama secondo cui questi ruoli vengono recitati. I persecutori delle fiabe sono impersonati per lo più da matrigne cattive,streghe, orchi, lupi feroci, draghi o altre bestie feroci. Le vittime sono ranocchie, trovatelli, belle addormentate, piccole fiammiferaie, brutti anatroccoli e altri piccoli infelici. I salvatori sono fate buone, generosi folletti, maghi o principesse e principi affascinanti. Per poter essere salvata, una vittima ha bisogno di un salvatore. Una famosa favola in cui è evidente la funzione complementare di vittima e salvatore è la fiaba La Bella e la Bestia. La Bella a differenza delle sorelle egoiste, non pretende nulla per sé e quando il padre cade in rovina si sacrifica, facendo anche i lavori più umili. Quando il padre viene rapito dalla Bestia deve accettare di consegnarle sua figlia. Benché estremamente brutta la Bestia è molto gentile (il bravo ragazzo) e quando Bella si ammala, la sposa…ed ecco che accade il miracolo: La Bestia si trasforma in un incantevole principe. Una giovane donna che abbia questo copione, si costruirà l’idea, tratta dalle prime esperienze con il padre, che tutti gli uomini siano bisognosi della sua devozione. Una Bella moderna può quindi scegliere un marito “indegno”, una “bestia”, che può essere di sgradevole aspetto,alcolizzato, drogato, pieno di debiti, o nei guai con la legge. Allora Bella scopre che la magia non avviene più e può scegliere o di sacrificarsi e restare con la Bestia, o divorziare e cercare un’altra Bestia da salvare. Da parte sua la Bestia può aspettare un nuovo Salvatore o prendere l’iniziativa e la responsabilità della propria vita.

Un altro classico delle fiabe è Cenerentola, la vittima che si offre a fare da serva in casa ed è circondata da persone crudeli. Il suo primo Salvatore è una fata madrina che grazie ai suoi doni le permette di andare alla festa. Qui Cenerentola incontra un altro Salvatore: il principe. Una cenerentola moderna che reciti la parte di perdente, accetta per lo più un lavoro che lei stessa considera  servile, facendo ciò che riconosce di competenza altrui. E si convince che se avesse più soldi, vestiti migliori, se frequentasse posti più in potrebbe conquistare un principe e vivere una vita migliore. Le moderne Cenerentole sono coloro che sono incastrate in un lavoro che non piace aspettando un principe che forse non arriverà mai.

C’è poi la favola del Principino storpio,dove il principino a causa di una sua deformità viene rilegato in una torre, qui arriva una fata che gli regala un orologio ch egli permette di ” prendere il volo”  e viaggiare verso terre sconosciute. Il Principino moderno può essere chiunque non si senta totalmente accettato, chiunque senta di non appartenere a niente e nessuno e che può trovare rifugio nella droga, nell’alcool o in qualsiasi altra dipendenza che assomigli all’orologio della favola.

Nella vita quotidiana c’è chi sceglie di isolarsi come Robinson Crusoe, chi lotta contro i “mulini a vento” come Don Chisciotte, chi “vola” al salvataggio di tutti come Superman, chi si rifiuta di crescere come Peter Pan, chi si trova continuamente coinvolto in situazioni banali o drammatiche come la prima donna di un melodramma.

E tu da quale favola ti senti maggiormente rappresentato? Quale personaggio preferisci? Prova a ricordare la favola che durante la tua infanzia più ti piaceva, spesso è quella in cui ci identifichiamo e sulla quale abbiamo costruito in nostro copione di vita.

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L’arte del perdono..partendo dal proprio!

L’arte del perdono..partendo dal proprio!

Spesso, sembra che il perdono  sia molto più difficile darlo a se stessi che non a qualcun altro.

A volte sento pazienti che si lamentano perché dovrebbero fare o non fare certe cose e non ci riescono. Dovrei dimagrire, dovrei andare a correre, dovrei non ascoltare quello che mi dice mia madre o il mio compagno. Un’infinità di “dovrei” ma non ci riescono e la conseguenza è deleteria. Sensi di colpa, frustrazioni, bassa autostima, solo per elencare alcune emozioni e stati d’animo che causa il non sapersi perdonare.

Quali sono i passi che possiamo intraprendere per iniziare un perdono ed una profonda accettazione di noi stessi?

  • Abbandona il passato. Se vuoi imparare a perdonarti non devi portare dentro il tuo passato. Devi lasciare andare il passato ed iniziare a vivere il presente, guardare avanti verso il futuro. Non è facile ma nemmeno impossibile. Il problema principale di molti casi che ho conosciuto nel mio lavoro di psicoterapeuta era il forte ancoraggio al passato. Forse è per questo che nella terapia delle regressioni molte persone risolvono i propri problemi nel presente. Quando una persona regredisce va a lavorare con il proprio passato e lo rielabora. Rielaborare il passato vuol dire alleggerirlo andando a cambiare le emozioni negative vissute in quel periodo.

 

  • La natura non è perfetta, perché dovresti esserlo tu? Un altro problema di molte persone è cercare la perfezione, anzi vorrebbero essere perfette. A molti piace pensare (sempre dopo) come avrebbero dovuto fare la cosa giusta al momento giusto, cosa avrebbero dovuto dire o comportarsi. Non tengono presente che le variabili e la peculiarità del momento presente sono sempre più complicate di quando le ripensiamo. Con il senno di poi tutti sono capaci di dire o fare la cosa giusta. Pensare di essere perfetti o di fare la cosa giusta al momento giusto è irreale se non innaturale. La perfezione non esiste in natura per il semplice motivo che la perfezione per definizione è alquanto debole e pericolosa.

 

  • Non ci sono sconfitte, ma solo esperienze. Molto spesso le persone dividono le cose in categorie: bello/brutto, buono/cattivo, alto/basso. La natura umana è molto complessa e si può semplificare in dicotomie. Purtroppo le persone lo fanno anche con le esperienze vissute. Quindi, le esperienze diventano belle o brutte, interessanti o noiose, costruttive o negative. Non è così! Le esperienze sono solo esperienze e ci insegnano sempre qualcosa se solo siamo capaci di analizzarle e non  semplicemente di etichettarle.

 

  • Hai mai pensato a cosa ti serve tutto ciò? Molto spesso rimaniamo a torturaci per quello che è stato perché è molto più semplice dirci che abbiamo sbagliato invece di fare qualcosa di costruttivo nel presente. Rimanere nel passato e pensarci incapaci è un modo molto semplice per non fare nulla perché abbiamo una grande paura. Anche se stai male e non sei capace a perdonarti, questa è l’unica cosa che riesci a fare e che ti viene facile invece di fare qualcosa di diverso e di nuovo. In altre parole questo atteggiamento è un bell’alibi per non fare nulla. Se vuoi uscire da tutto ciò impara a non nasconderti dietro questo comportamento. L’ultimo punto che hai letto, come spesso capita, è il più importante perché è il più subdolo e se vuoi uscire dal tuo passato, impara a capire che quello che vivi non lo vivi per caso ma, ti serve a qualcosa; di solito è il miglior compromesso che possa trovare la tua mente.
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Festa della Liberazione: come conquistare quella psicologica!

Festa della Liberazione: come conquistare quella psicologica!

In una settimana in cui il 25 aprile si festeggia la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, data che metteva fine a vent’anni di dittatura e a cinque di guerra, una “rivoluzione”che ha portato ad una libertà conquistata con il sangue, durante una guerra civile e contro lo straniero invasore; non potevo non pensare ad un’altra liberazione, ovvero a quella psicologica. Ognuno di noi, soprattutto chi decide di iniziare un percorso psicologico, ad un certo punto si troverà nella condizione di dover scegliere di “liberarsi” da tutto ciò che fino a quel momento ha vissuto come castrante, vincolante, opprimente e che probabilmente avrà fatto nascere insicurezze, conflitti e sfiducia.

Allora come si fa ad attuare il cambiamento tanto desiderato?

Per iniziare, la consapevolezza delle proprie ferite è già un primo passo verso la guarigione. Poi ne consegue che il cammino verso il risanamento psicologico, il passo essenziale è accettarsi. L’accettazione di sé è un grande dono, che viene definito come “ la legge principale della crescita individuale” Questo dono avrebbero potuto farcelo i nostri genitori, se lo avessero posseduto. Questo dono potremmo farlo ai nostri bambini se lo possiederemo.

L’accettazione di qualche cosa consiste nel riconoscere qualcosa per ciò che in realtà è, è quando si dice: “E’ così come è!”.“Nessuna trasformazione è possibile senza accettazione”.

Come puoi sapere se stai vivendo appieno l’accettazione? Quando saprai che il tuo comportamento (che ha appena influito su un’altra persona o su te stesso) fa parte del fatto d’essere umano,e accetterai dunque di assumerne le conseguenze, quali che siano. La nozione di responsabilità è di primaria importanza per accettarti davvero. Il fatto di essere un umano significa che non puoi piacere a tutti, e che puoi avere reazioni umane che possono dispiacere a qualcuno. Il tutto senza giudicarti o criticarti. L’accettazione è dunque l’elemento scatenante per mettere in moto la guarigione.

Scoprirai dunque, con tua gran sorpresa, che più ti consenti di tradire, rifiutare,abbandonare, umiliare, essere ingiusto,meno lo farai! E’ sorprendente, vero?

Accettate la realtà e fate qualcosa di costruttivo per uscire da ciò che vi rende infelici. Non può andare sempre tutto bene e non tutte le persone sono uguali, per questo l’accettazione sarà la vostra migliore alleata contro una vita stressante. Aprite la mente a nuovi orizzonti e ricordate, che, anche se la vostra vita non è come l’avevate desiderata, può esserlo in futuro se seminate bene nel presente. Tutti abbiamo il potere di indirizzare e cambiare la nostra vita. Non dimenticate che un piccolo passo, una piccola azione, diventeranno qualcosa di grande e importante nel vostro futuro.

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Coppia: sarà per sempre? Vediamo come prevedere quanto durerà

Coppia: sarà per sempre? Vediamo come prevedere quanto durerà

Sarà per sempre? Tutti ce lo siamo chiesti almeno una volta nella vita, soprattutto quando abbiamo pensato di aver incontrato la “persona giusta”.

L’idea che l’amore possa durare per sempre è un potente deterrente contro l’angoscia del tempo e della morte. Basterebbe però guardare alla relazione per eccellenza, la relazione madre-bambino,per renderci conto che non può essere per sempre, non deve esserlo. Il “per sempre” è fonte di sofferenza per una madre che vede crescere e allontanarsi il proprio figlio; per un figlio che lentamente vede spegnersi chi lo ha generato e per gli innamorati, che vorrebbero restare in eterno sul talamo dell’amore. In realtà è un’illusione, e concentrarsi sulla durata o meno di una relazione distoglie spesso i partner dall’unico vero problema della vita a due: “il come”.

È il “come” che può influenzare una relazione d’amore e garantire la longevità. Sono la passione, la coesione, il dialogo, la tenerezza, la maturità affettiva a fare ala differenza sostanziale. I figli arricchiscono la relazione ma non la incatenano alla dimensione del “per sempre”; anzi, chi afferma di restare insieme per i figli, fa un errore incommensurabile che spesso nasconde angosce e paure più profonde.

Gottman, psicologo dell’Università di Washington, ha spiegato come le separazioni che avvengono dopo 5-7 anni in genere sono causati da gravi conflitti (infedeltà, litigi violenti); mentre le separazioni che avvengono dopo 10-12 anni dipendono di solito da un abbassamento dell’intimità e delle interazioni in seno alla coppia.

Prevedere quanto durerà diventa quasi impossibile, alcuni ricercatori sottolineano  l’importanza dell’ “affinità di coppia” e focalizzano la propria attenzione sui tratti di personalità dei partner, sugli interessi in comune, sul livello di istruzione, sul tipo di vita sociale condotta. È vero, questi fattori possono giocare un ruolo importante nella coppia ma non sono sufficienti.

L’unico modo per potersi garantire un rapporto equilibrato e durevole è darsi all’altro con impegno costante e incondizionato: non abbassare la guardia,non dimenticare mai che l’amore ha bisogno di essere continuamente rinnovato, nutrito e riconfermato. Scegliere un partner, sposarsi, fare un figlio e pensare di riuscire in questa impresa senza sforzo, convinzione, continuo lavorìo interiore è la migliore ricetta per la catastrofe. Scegliere di preservare e privilegiare la conservazione del proprio rapporto al di sopra della propria crescita e sviluppo, reprimere l’impulso a imboccare strade nuove e sconosciute è un modo di vivere la vita. La sicurezza  e il valore di quello che si possiede ha la precedenza su quello che si potrebbe diventare. È una scelta più che una questione di coraggio. Prendiamo ciò che vogliamo e dobbiamo essere pronti a pagarne le conseguenze. A volte l’amore sopravvive a questa scelta, a volte no.

La vita è un viaggio meraviglioso e al dimensione del “per sempre” non è basilare, no, oggi non lo è più: una relazione ha valore a seconda della gioia che dà, non della sua durata. Non c’è niente di ammirevole in due persone che rimangono insieme per cinquant’anni sopportando infelicità e frustrazioni .

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Madre e figlio maschio: come nasce il complesso materno

Madre e figlio maschio: come nasce il complesso materno

Un forte complesso materno si sviluppa quando la madre è il genitore che lascia nel figlio la maggior impronta di sé. Ciò non significa che la madre sia effettivamente la personalità più forte, può semplicemente significare che il figlio ne rimanga più colpito o che si senta più vicino a lei che non al padre. Se l’influenza materna è positiva, il figlio sviluppa un complesso materno positivo; se invece l’influenza è negativa, ne deriverà un complesso materno negativo. È importante saper che ogni uomo sviluppa un complesso materno sia esso negativo o positivo, e che in questo non vi è nulla di patologico. Il complesso rappresenta la prova del modo in cui un uomo ha reagito ai propri genitori. Secondo questo modello organizzerà poi il proprio modo di reagire al sesso opposto.

Di solito il complesso si manifesta negli uomini sotto forma di fantasie romantiche, irreali, per lo più sessuali. È identificabile, per esempio nel corso della pubertà, quando i giovani, da molto attivi,diventano improvvisamente passivi e sognanti. È come se non fossero presenti. I loro risultati calano drasticamente  e viene da chiedersi dove è finito il ragazzo che tutti conoscevamo. È per così dire inchiodato a fantasie sessuali. Si tratta di un passaggio obbligato per quell’età, ma se l’adulto rimane bloccato a questo stadio e continua ad indulgere nelle fantasie sessuali, perde la capacità di prendere in  mano la propria esistenza, perde la volontà. Perde la sua efficienza maschile vivendo una vita irreale.

Quando un uomo ha avuto un rapporto troppo stretto con la madre, specialmente nel caso di un rapporto positivo, un uomo il cui femminile è rimasto imprigionato nel complesso materno, tende ad idealizzare le donne, vede in ogni donna la Beatrice di Dante, o la Vergine Maria. Non è in grado di avvicinare una donna nella vita di tutti i giorni, di andarle incontro con le sue parti inferiori, con la sessualità. Gli uomini di questo tipo non riescono a vivere i due aspetti in una sola donna. L’amore implica entrambi gli elementi, estremi e opposti, da un lato spirituale e romantico, dall’altro la spinta biologica verso la continuazione della specie. L’uomo che non è riuscito a liberarsi della madre non può mettere insieme la principessa, e, per così dire, la prostituta. Il problema emerge quando ci si sposa e deve vivere insieme con una donna la vita quotidiana. Poiché non c’è l’essere umano,non c’è calore…non c’è la possibilità di un rapporto umano.

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Luce e OMBRA della nostra personalità

Luce e OMBRA della nostra personalità

Dentro ciascuno di noi si aggira un’Ombra. Dietro la maschera che indossiamo per gli altri, sotto il volto che  esponiamo, vive un lato nascosto della nostra personalità. Usiamo la parola “Ombra” semplicemente per indicare il fatto che la maggior parte di noi non è pienamente consapevole di tutti i tratti della propria personalità. Tutti noi amiamo amarci intelligenti, generosi, di buon carattere o dotati di qualità pratiche e cose del genere; la personalità però possiede anche altre caratteristiche, a volte inferiori, di cui non siamo consapevoli. È il rapporto con l’ambiente circostante a farcene intuire l’esistenza, poiché esse si manifestano quando un conflitto viene a turbare questo rapporto. Essendo qualità inferiori tendiamo a cacciarle nell’Ombra, non le guardiamo in faccia e quando riflettiamo su noi stessi tendiamo a dimenticarle, perché ce ne vergognamo. Solo gli amici più intimi o le persone che ci vivono accanto sono in grado di evidenziare con chiarezza questi tratti inferiori. Quasi tutti noi ci identifichiamo maggiormente con i tratti che ci rendono socialmente accettabili, di conseguenza tendiamo a considerare l’Ombra imbarazzante, inferiore e talvolta un po’ maligna e socialmente inaccettabile. Ma non è sempre così. Ci sono persone che tendono a vivere i propri aspetti peggiori e in questo caso l’Ombra risulta essere positiva. I criminali, per esempio, vivono l’aspetto peggiore della propria personalità, e di conseguenza hanno un’Ombra positiva. Di norma, comunque, tendiamo ad identificarci con i tratti più positivi ed evoluti.

Ma in che modo l’Ombra si manifesta nella vita quotidiana?

Quando ci sentiamo stanchi o sotto pressione, succede spesso che una personalità diversa da quella nostra abituale si faccia avanti. Le persone molto ragionevoli e altruiste, per esempio diventano improvvisamente e inesorabilmente egocentriche e sgradevoli, maltrattano chiunque stia loro intorno. Anche in caso di malattia l’Ombra emerge immediatamente,si manifesta sotto forma di un improvviso cambiamento di carattere. Capita spesso che le persone invidiose e gelose si giochino reciprocamente dei brutti scherzi. Perdono le cose, non rispettano gli appuntamenti…sono armati delle migliori intenzioni, ma la loro Ombra li gioca alle spalle. Ognuno di noi ha il suo nemico d’elezione, il suo “miglior nemico”per così dire. Quando qualcuno ci fa del male è naturale odiarlo. Ma quando non ci fa nulla di male e al solo vederlo ci sentiamo irritati al punto di volergli metter le mani addosso, allora è certo che si tratta dell’Ombra. La cosa migliore da fare sarebbe sedersi un attimo e scrivere tutte le caratteristiche della persona odiata. Rileggendole ci riconosceremo….ed è davvero un fatto sconvolgente scoprire la propria Ombra!

Quanto più una persona pensa di essere virtuosa e non vive la propria Ombra. Tanto più la proietta e vede gli altri come malfattori. La persona convinta di essere virtuosa vive in un costante stato di indignazione e dà la caccia alla propria Ombra nella persona di un altro. Non ri-conoscerla sifìgnifica davvero perdere un’importante occasione di crescita ed evoluzione. L’Ombra è la nostra funzione sociale migliore. Ci integra all’interno del gruppo umano. Le buone qualità ci pongono al di sopra del gruppo. L’Ombra ci rende uomini tra gli uomini e umani, semplicemente umani.

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Perché si rinvia? Paura del giudizio altrui o paura del successo?

Perché si rinvia? Paura del giudizio altrui o paura del successo?

Se anche tu ti trovi spesso ad usare frasi come: “Inizio tante cose ma non le porto mai a termine!” o : “Ho tante cose da fare ma non ho mai tempo!” o ancora : “Devo finire quel lavoro ma il tempo non mi basta mai!” forse hai la tendenza a rimandare gli impegni! Tutto ciò non a che fare realmente con la mancanza di tempo, o con la pigrizia o con la stanchezza; riguarda invece “credenze” inconsce e radicate che utilizziamo per rapportarci con il mondo. Rinviare significa rimandare intenzionalmente a “dopo” qualcosa che dovrebbe essere fatto subito, conducendo così una vera e propria lotta contro il tempo. Vivere nelle situazioni di incertezza, non sapendo se le scadenze potranno essere rispettate, porta la persona a stare nella “possibilità” anziché nella “realtà” e questo costante stare sul filo del rasoio incide sul modo di vivere e sulla qualità della vita. Temporeggiare diventa un modo per proteggersi dalla paura del fallimento e dal sentirsi incapaci di far fronte a situazioni percepite come frustranti. Chi temporeggia ha con se stesso un atteggiamento molto critico che influisce negativamente sull’autostima; molte persone tendono a rimandare per paura del fallimento, in quanto temono sia il proprio, sia l’altrui giudizio. Anche ridursi all’ultimo momento per fare qualcosa non permette di valutare realisticamente le proprie capacità, in quanto se il lavoro non risulterà qualitativamente buono, il fattore tempo diventerà l’alibi per lo scarso risultato. In questo modo la persona non metterà mai in discussione le proprie abilità e non individuerà mai i propri limiti: è difficile sostenere l’idea di essere considerati poco capaci! In realtà alla base di queste convinzioni di inadeguatezza, della paura del giudizio altrui, c’è la paura di non essere amati. Il perfezionismo diventa lo strumento che permette di proteggersi dal senso di incapacità; l’energia profusa nel lavoro ha quindi come obiettivo il farsi accettare dall’altro. Altre volte il rimandare nasconde il timore del successo più che del fallimento, ovvero si teme il cambiamento, sicuramente positivo, allo stesso tempo sconosciuto. Il timore che si avverte è che il successo possa diventare un’ossessione, che comporta una condizione di stress continuo, inoltre spesso si cerca di proteggere dal proprio successo le persone più vicine, tipo i genitori. Si teme di far del male anche a se stessi: dimostrare di essere capaci implica una maggiore responsabilità e aumenta la possibilità di entrare in competizione con gli altri. Alla base di tutti questi atteggiamenti c’è l’idea che si debba scegliere tra amore e successo, perché se il nostro successo è visto dagli altri in maniera negativa subentra il timore di essere abbandonati. In ogni caso il temporeggiare trae origine dal passato e da interazioni primarie che hanno compromesso l’autostima. Per cercare di superare il procrastinare è importante costruire un metodo che permetta di realizzare per gradi, piccoli obiettivi: l’importante è che siano concreti e specifici. Durante questo processo è opportuno restare in contatto con le proprie emozioni, concentrarsi nel qui ed ora e gratificarsi ad ogni risultato, poiché ogni fase superata è un passo verso il raggiungimento dell’obiettivo. Alla fine di questo percorso è bene riflettere su progressi e ostacoli incontrati per capitalizzare l’esperienza utilizzarla per nuovi obiettivi. Per smettere di procrastinare è bene ricordarsi di auto- sostenersi  e soprattutto ricordarsi che il momento migliore per smettere di rinviare è adesso!!

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Perchè è difficile essere felici?

Perchè è difficile essere felici?

Per rispondere a questa domanda, proviamo a fare un viaggio indietro nel tempo. La mente umana moderna, con la sua sorprendente capacità di analizzare, pianificare, creare e comunicare, si è evoluta in gran parte nel corso degli ultimi 100.000 anni, da quando la nostra specie, Homo sapiens, è comparsa per la prima volta sul pianeta. Ma le nostri menti non si sono evolute per “farci sentire bene” e raccontare barzellette, scrivere poesie o dire “ti amo”. Le nostre menti si sono evolute per aiutarci a sopravvivere in un mondo pieno di pericoli.

Immagina di essere un primitivo cacciatore-raccoglitore. Di che cosa hai bisogno, essenzialmente, per sopravvivere e riprodurti? Di quattro cose: cibo, acqua, riparo e sesso. Ma nessuna di esse è importante se sei morto. Quindi, la priorità numero uno della mente dell’uomo primitivo era quella di prestare attenzione a tutto ciò che poteva costituire un pericolo e di evitarlo. La mente primitiva era essenzialmente un dispositivo per non farsi uccidere e ciò, si dimostrò di enorme utilità. Più i nostri antenati diventavano bravi a prevedere e ad evitare il pericolo, più a lungo vivevano e più figli facevano. Perciò di generazione in generazione, la mente umana è divenuta sempre più abile nel prevedere ed evitare il pericolo. E ora dopo 100.000 anni di evoluzione, la mente moderna è continuamente all’erta per valutare se ciò che incontriamo è buono o cattivo, sicuro o pericoloso, utile o dannoso. I nemici dell’era moderna non sono più le tigri o i mammut, ma sono meno evidenti, come ad esempio “perdere il lavoro”, essere esclusi, rendersi ridicoli in pubblico, ammalarsi di cancro. Così il più delle volte trascorriamo il tempo a preoccuparci di cose, che molto probabilmente non succederanno mai. Altra cosa essenziale per la sopravvivenza di un uomo primitivo era l’appartenenza ad un gruppo… se il cacciatore è solo, il lupo lo mangia! Quindi allora come adesso, integrarsi con gli altri, contribuire al mantenimento della comunità, essere bravo quanto gli altri, è sinonimo di sopravvivenza. Le nostre menti moderne ci continuano a mettere in all’erta rispetto all’eventualità di essere rifiutati e ci portano confrontarci con gli altri membri della società. Niente di strano se passiamo gran parte del tempo cercando di piacere, se cerchiamo sempre di migliorarci e se spesso non ci sentiamo all’altezza. C’è però da dire che l’uomo primitivo si confrontava con pochi membri del gruppo, l’uomo moderno, attraverso i mass media, internet e social, deve confrontarsi con una miriade di persone più ricche, più intelligenti, più magre, più sexy. Quando ci confrontiamo con queste favolose creature mediatiche ci sentiamo inferiori e delusi della nostra vita. Abbiamo perso in partenza!

Inoltre, la regola “meglio è, più prendi” valeva per l’uomo primitivo così come vale per l’uomo moderno. Migliori sono le armi e più cibo si potrà uccidere. Maggiori sono le riserve di cibo, più possibilità avrai di sopravvivere durante la carestia. Più figli avrai più ci sarà la possibilità che qualcuno diventi adulto. Di conseguenza anche l’uomo moderno, cerca di “più e di meglio”: più denaro, un lavoro migliore, un corpo più bello, un amore più importante…e se riusciamo, siamo soddisfatti, per un po’! Prima o dopo ne vorremmo di più!

Così l’evoluzione ha modellato il nostro cervello in modo tale da “soffrire psicologicamente”: siamo perennemente a criticare e valutare noi stessi, è più facile concentrarci su ciò che ci manca, diventiamo velocemente insoddisfatti di ciò che abbiamo,immaginiamo scenari spaventosi, che forse non si realizzeranno mai.

Non c’è da stupirsi se per l’uomo è così difficile essere felici

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